Garde Episcopale et Pontificale Romaine
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 ...Libro delle Virtù... {Agiografie}

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PostSubject: ...Libro delle Virtù... {Agiografie}   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:29

In questa sezione potrete leggere tutte le "Agiografie" fino ad oggi scritte sui nostri Arcangeli, Profeti et Santi;

Vi auguriamo una buona letture.


Last edited by sacred90 on Thu 2 Jun 2011 - 12:35; edited 1 time in total
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PostSubject: Arcangeli - San Gabriele   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:32

Nascita di Gabriele

Gabriele nacque un giorno come gli altri, un giorno che non differiva in niente da tutti gli altri. Niente lasciava presagire il posto che avrebbe occupato nei tempi a venire, niente. Perché Gabriele era nato come tutti gli altri. Solo la sua virtù e la purezza del suo cuore gli avrebbero permesso di raggiungere l’Altissimo.
I genitori di Gabriele erano pii, ma, essendo abitanti di Oanilonia, il messaggio di Dio che avevano ricevuto e che gli avevano insegnato era corrotto. Gli inculcarono che Dio aveva creato la terra, che era la base e il motore di tutte le cose, ma allo stesso tempo che infliggeva punizioni senza ragione, e non regnava se non come un sovrano tirannico…

Sebbene i primi quindici anni di Gabriele fossero passati senza che succedesse niente che lo potesse distinguere dagli altri giovani della sua età, si interessò alla ricerca della Verità su Dio, e comprese che questi era un Dio d’Amore e non d’Odio…

Vita di Gabriele

Il padre di Gabriele, che si chiamava Vorian, era marinaio e lavorava per un ricco armatore di Oanilonia, di nome Leto. Costui era un brav’uomo, giusto con i suoi pescatori, ma aveva sposato Ecate, una donna malvagia e crudele. Avevano avuto un figlio, chiamato Leviatano, che era nato alcuni mesi prima di Gabriele. Leviatano aveva ereditato tutti i vizi di sua madre, ma nessuna delle virtù di suo padre. Era collerico, subdolo ed esperto di menzogne. Era tuttavia un eccellente navigatore e suo padre l’aveva nominato a quindici anni capitano di una delle sue navi da pesca.
Proprio a quella nave fu assegnato Gabriele, allorché, compiuti quindici anni, cominciò anch’egli a lavorare come pescatore.
Leviatano arrivò urlando come sua abitudine, sputando sui pescatori non abbastanza rapidi per i suoi gusti, picchiandoli e scatenando in loro collera e risentimento. Spesso i pescatori sprofondavano in una nera collera e tentavano di ribellarsi e di picchiare Leviatano, ma questi, felice del loro odio nei suoi confronti, evitava sempre i colpi e si accaniva nel picchiarli col sorriso sulle labbra.
Gabriele assisteva a tutto ciò, vedeva quest’uomo mostruoso, poco più grande di lui, che si deliziava dell’odio che tutti nutrivano per lui.
Erano allora due settimane che si trovava sulla barca di Leviatano, senza che gli si potesse rimproverare nulla perché faceva bene il suo lavoro, quando Leviatano piombò su di lui. Lo rimproverò di aver svolto male il suo lavoro, urlandogli contro per vedere una sua reazione, ma Gabriele restò calmo e senza collera né odio. Gli insulti e le grida di Leviatano scivolavano su di lui come la pioggia su una superficie liscia. Niente di ciò che diceva si faceva strada in lui per scatenare la collera. Deluso dalla reazione di Gabriele, gli dette un forte colpo e riprese a guardare da un’altra parte.
Qualche tempo dopo si venne a sapere che Leto era stato ucciso dal figlio, durante un degli accessi d’ira di quest’ultimo. Gli aveva fracassato il cranio con il suo sestante. Anche se, ufficialmente era stato solo un incidente…
Divenuto padrone, Leviatano divenne incontrollabile, sfogava la sua ira su tutti e generava collera tra tutti quelli che lavoravano per lui.
Solo Gabriele restava impassibile davanti agli insulti e ai soprusi di Leviatano. Quest’ultimo ne rimaneva sbigottito, non capiva come, malgrado tutta l’ondata d’odio con cui ricopriva Gabrile, questi restasse calmo, obbediente e operoso…

È in questo periodo che Gabriele incontrò un vecchio mendicante cieco che gli disse questo:


Quote :
“Comprendi, popolo, che sei tu ciò che ti distingue, non la tua nascita,
comprendi popolo, che Dio ti giudicherà in funzione delle tue azioni, non della tua nascita.
Egli ti mette sul cammino e sono gli uomini, tuoi pari, che, consapevolmente o no, lo rendono tortuoso o dritto, ti ci avvicineranno o allontaneranno, ma sta a te e solamente a te decidere qua verso dove cammini perché alla fine è per te che cammini.
Certo, devi camminare per i tuoi fratelli, le tue sorelle e per Dio, ma è la tua salvezza che è in gioco.
Amando Dio, amando gli uomini, tuoi fratelli e tue sorelle, tu non puoi che guadagnare, se non è sulla Terra, sarà altrove, l’astro del giorno.
E’ a te stesso e ai tuoi fratelli che Dio ti raffronta, perché qui sono i tuoi più grandi nemici, sebbene molti cerchino di essere buoni.”

Quest’ultime parole riempirono il suo cuore e la sua anima e in seguito la vita di Gabriele fu una sorta di accettazione di tutto il male del mondo. Aveva già imparato a subire il male senza opporsi, ma sapeva che doveva soprattutto comprenderlo, perché, per lottare contro di lui, che cosa c’era di meglio che seminare la pace e l’amore all’interno stesso del male?

Non aveva fino ad allora lasciato parlare la sua ira o il suo odio, ma tuttavia sapeva che avrebbe dovuto dire di no al male, quando si sarebbe ingrandito troppo e avrebbe seminato la discordia negli animi.
Aveva già una tale capacità di contenersi che dava di sé l’immagine di un uomo per cui la vita non aveva più segreti.
Aveva ormai un tale fiducia in Dio che si sarebbe lasciato condurre dalla provvidenza e dall’amore divino.

Una sera, Dio gli parlò nel sonno e gli disse:

Quote :
“Uomo io sussurro ogni giorno la mia parola nell’incavo del tuo orecchio,
e nel profondo del tuo cuore,
ma tu, peccatore e profittatore,
cambi le Scritture,
e corrompi i miei detti, facendomi parlare attraverso di te.
Numerosi sono coloro ai quali ho trasmesso la mia parola,
ma tutti hanno preferito deviarla,
non serviva se non ad attirare su di loro la gloria,
non serviva se non a giustificare le loro parole.
Ma verrà un giorno in cui confiderò ad Uno le mie parole di saggezza,
ed ad Un altro i miei comandamenti.
Perché io ti amo, Uomo,
e quando vorrai comprendere ciò che devo rivelarti,
io ti parlerò,
e quando consapevole ti fermerai solamente alle mie parole,
io ti manderò a bruciare tra le fiamme dell’inferno nelle viscere della Luna.
Perché solo la sofferenza potrà farti vedere che io opero ogni giorno per il tuo bene.
E facendoti soffrire ti farò comprendere che senza di me niente esiste e niente può esistere.
Se ti obbligassi a seguirmi tu non comprenderesti perché è bene farlo.
Hai bisogno di tempo per capire, Uomo, eppure io ti amo.
Non cercarlo, il Bene è qui, nella semplicità del tuo cuore.
Va’, Gabriele, trasmetti il mio messaggio a coloro che ritieni degni di essere salvati.
Perché, Gabriele, te lo dico, d’ora in po’ quest’era di decadenza si avvierà verso la fine.
E solo i giusti saranno salvati.”

Allora Gabriele percorse Oanilonia alla ricerca dei giusti, donò loro una tale sete di Dio che molti, nel proprio campo, cominciarono ad operare per la gloria di Dio. Spiegò loro anche la necessità di sapere a che cosa siamo chiamati. Disse queste parole:


Quote :
“Miei amici, miei fratelli,
Dio riserva a ciascuno di voi una via particolare.
Non smette di gridarla nel profondo del vostro cuore.
Sappiate aprirvi al suo appello e rispondere “sì!”
Dicendo: “signore tu sai che cos’è bene per me. Là dove tu mi porti io non potrò straziarmi perché è la mia via. Là dove tu mi porti io non potrò che essere felice malgrado gli ostacoli.
Allora, aprite i vostri cuori”

Molti furono toccati dalle sue parole ma ciò non era sufficiente a mantenere la massa degli uomini sulla via di Dio.
In effetti le Parole d’amore che provenivano da Gabriele parlavano di allontanarsi dal peccato, di avvicinarsi sempre di più alla piena virtù che solo Dio possiede, di avvicinarsi sempre di più a Dio.
Ma, era talmente più semplice restare sulla propria via, era talmente più semplice persistere nel peccato…perché cambiare quando si sta bene in una situazione?

Fu allora che Leviatano, sempre più incuriosito dalla temperanza di Gabriele, lo fece chiamare. Quando arrivò, vide suo padre legato ad una colonna di legno. Leviatano gli disse che suo padre aveva perso un intero carico di pesce, era un cattivo elemento e meritava un punizione. Leviatano cominciò a picchiare Vorian, Gabriele lo supplicò di fermarsi, ma più Gabriele supplicava, più Leviatano picchiava forte…
Leviatano colpì così forte che trafisse in un’esplosione di sangue il ventre di Vorian, che morì sul colpo, accompagnato dalle lacrime di suo figlio…
Leviatano si aspettava che a quel punto Gabriele reagisse e, accecato dalla collera, tentasse di vendicare suo padre, ma Gabriele non fece niente, gli volse le spalle e si allontanò, ma giusto prima di andarsene, disse questo a Leviatano:”Il tuo Odio e la tua Ira non mi toccano, tu pensi di essere il più forte, ma la tua fine è prossima, Dio ti punirà per i tuoi peccati e tu sarai condannato ad un’eternità di sofferenza.”. Prima che Leviatano avesse il tempo di rispondere, Gabriele se n’era andato…

La caduta di Oanilonia

Gabriele errava per il porto di Oanilonia in preda ad una grande tristezza dopo lo scatenamento di violenza a cui aveva assistito. Si avvicinò alla barca “Que-Bec”, chiamato così perché la sua prua rappresentava un albatros con il grande becco aperto: il suo armatore aveva detto “ma que bec ca la gha quala navi lì!” (ma che becco ha quella nave)! con il forte accento dei quartieri poveri, così fu scelto il nome “Que-Bec” per quella barca. L’armatore era un amico di Gabriele, l’aveva riportato sulla retta via qualche tempo prima.

Stava per andare a vederlo quando dei lampi apparvero nel cielo di Oanilonia.
Gabriele capì immediatamente che l’ora della caduta di Oanilonia era arrivata.
Decise di andare subito ad avvisare tutti coloro che aveva incontrato e l’aveva seguito sulla via della virtù per salvarli.
Cominciò dall’avvisare il suo amico Alcisde, l’armatore del “Que-Bec”, perché preparasse la barca ad imbarcare tutti quelli che Gabriele avrebbe portato, al fine di salvarli.
Percorse tutte le strade di Oanilonia, dicendo a tutti quelli che conosceva di andare al porto e di imbracarsi sul “Que-Bec”, raccomandandosi di non portare niente che potesse appesantire la braca. Quando tornò al porto accompagnato da quattro orfani, vide Leviatano che, con gli occhi folli di furia e collera, lanciava un’enorme trave sulla barca, che cadendo sulla sua vela lo rese prigioniero della città. Mentre una risata tonante da folle usciva dalla gola di Leviatano, Gabriele, ascoltando solo la sua fede, saltò sul ponte per aiutare a liberare il “Que-Bec”. La trave era molta alta e Gabriele, che era molto forte, propose di fare del suo corpo una scala. Prese un asse, che teneva tra le mani e disse ad uno dei marinai: “Sali sul mio corpo, mi puoi usare come una scala”. Questi riuscì così ad arrampicarsi sino alla trave e liberare la barca. Tutti allora gridarono: “Viva Gabriele che fece del suo corpo una scala, viva il “Que-Bec” libero!”.

Dopo averla così liberata, salirono tutti sulla barca.
Un uomo domandò allora a Gabriele :”Che cosa si aspetta Dio da noi?”
Gabriele rispose:

Quote :
“Eppure Oane ha inciso sul primo muro della nostra città le parole del Creatore, c’è scritto che cosa Dio ha detto ai nostri antenati:
"Che la vostra fedeltà sia quella dei figli verso i loro genitori o sarò severo come lo sono i genitori verso i loro figli. Poiché, quando ciascuno di voi morirà, lo giudicherò, in funzione della vita che ha condotto. Il sole inonderà ogni giorno il mondo della sua luce, come prova d'amore per la Mia creazione. Quelli, fra i tuoi, che vi manderò, vivranno un'eternità di beatitudine. Ma, ogni giorno, la luna gli darà il cambio. E coloro che, fra i tuoi, vi verranno gettati, là conosceranno soltanto il tormento."

Ma io vi dico anche questo:

“ Questo giorno è un giorno totalmente nuovo,
non è mai esistito e non esisterà mai più.
Prendete dunque questo giorno e fatene una scala
Per raggiungere le più alte vette.
Non permettete che la fine del giorno
Vi trovi simili a come eravate all’alba.
Perché domani potrebbe essere il giorno in cui sarete giudicati.”

La nave si allontanò mentre Gabriele tornò nella città in preda al caos assoluto. E, in sei giorni, fece tutto quello che poteva per salvare coloro che potevano ancora essere salvati.
Venne allora il settimo giorno, che fu un tremendo cataclisma.
Gabriele era sulla porta quando vide Leviatano che, fuori di sé, cercava di lasciare la città sulla sua barca chiamata “Kraken”, ma gli elementi erano scatenati e un tremendo turbine si formò attorno al Kraken e lo inghiottì. Fu allora che un terremoto distrusse Oanilonia che fu sommersa dai flutti.
Dei testimoni videro allora un arcobaleno illuminare i cieli oscuri e riconobbero allora Gabriele mentre veniva portato verso il sole.

Preghiera a San Gabriele

San Gabriele Arcangelo,
angelo della Temperanza,
apri le nostre orecchie
ai dolci avvertimenti
e agli appelli pressanti dell’Altissimo.
Tieniti sempre davanti a noi,
ti scongiuriamo,
affinché comprendiamo bene
la parola di Dio,
affinché lo seguiamo,
affinché gli obbediamo
e adempiamo a ciò che vuole da noi.
Aiutaci a restare svegli,
affinché, quando arriverà,
il Signore non ci trovi addormentati.
Amen
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PostSubject: Arcangeli - San Gabriele   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:37

Nascita di Gabriele

Gabriele nacque un giorno come gli altri, un giorno che non differiva in niente da tutti gli altri. Niente lasciava presagire il posto che avrebbe occupato nei tempi a venire, niente. Perché Gabriele era nato come tutti gli altri. Solo la sua virtù e la purezza del suo cuore gli avrebbero permesso di raggiungere l’Altissimo.
I genitori di Gabriele erano pii, ma, essendo abitanti di Oanilonia, il messaggio di Dio che avevano ricevuto e che gli avevano insegnato era corrotto. Gli inculcarono che Dio aveva creato la terra, che era la base e il motore di tutte le cose, ma allo stesso tempo che infliggeva punizioni senza ragione, e non regnava se non come un sovrano tirannico…

Sebbene i primi quindici anni di Gabriele fossero passati senza che succedesse niente che lo potesse distinguere dagli altri giovani della sua età, si interessò alla ricerca della Verità su Dio, e comprese che questi era un Dio d’Amore e non d’Odio…

Vita di Gabriele

Il padre di Gabriele, che si chiamava Vorian, era marinaio e lavorava per un ricco armatore di Oanilonia, di nome Leto. Costui era un brav’uomo, giusto con i suoi pescatori, ma aveva sposato Ecate, una donna malvagia e crudele. Avevano avuto un figlio, chiamato Leviatano, che era nato alcuni mesi prima di Gabriele. Leviatano aveva ereditato tutti i vizi di sua madre, ma nessuna delle virtù di suo padre. Era collerico, subdolo ed esperto di menzogne. Era tuttavia un eccellente navigatore e suo padre l’aveva nominato a quindici anni capitano di una delle sue navi da pesca.
Proprio a quella nave fu assegnato Gabriele, allorché, compiuti quindici anni, cominciò anch’egli a lavorare come pescatore.
Leviatano arrivò urlando come sua abitudine, sputando sui pescatori non abbastanza rapidi per i suoi gusti, picchiandoli e scatenando in loro collera e risentimento. Spesso i pescatori sprofondavano in una nera collera e tentavano di ribellarsi e di picchiare Leviatano, ma questi, felice del loro odio nei suoi confronti, evitava sempre i colpi e si accaniva nel picchiarli col sorriso sulle labbra.
Gabriele assisteva a tutto ciò, vedeva quest’uomo mostruoso, poco più grande di lui, che si deliziava dell’odio che tutti nutrivano per lui.
Erano allora due settimane che si trovava sulla barca di Leviatano, senza che gli si potesse rimproverare nulla perché faceva bene il suo lavoro, quando Leviatano piombò su di lui. Lo rimproverò di aver svolto male il suo lavoro, urlandogli contro per vedere una sua reazione, ma Gabriele restò calmo e senza collera né odio. Gli insulti e le grida di Leviatano scivolavano su di lui come la pioggia su una superficie liscia. Niente di ciò che diceva si faceva strada in lui per scatenare la collera. Deluso dalla reazione di Gabriele, gli dette un forte colpo e riprese a guardare da un’altra parte.
Qualche tempo dopo si venne a sapere che Leto era stato ucciso dal figlio, durante un degli accessi d’ira di quest’ultimo. Gli aveva fracassato il cranio con il suo sestante. Anche se, ufficialmente era stato solo un incidente…
Divenuto padrone, Leviatano divenne incontrollabile, sfogava la sua ira su tutti e generava collera tra tutti quelli che lavoravano per lui.
Solo Gabriele restava impassibile davanti agli insulti e ai soprusi di Leviatano. Quest’ultimo ne rimaneva sbigottito, non capiva come, malgrado tutta l’ondata d’odio con cui ricopriva Gabrile, questi restasse calmo, obbediente e operoso…

È in questo periodo che Gabriele incontrò un vecchio mendicante cieco che gli disse questo:


Quote :
“Comprendi, popolo, che sei tu ciò che ti distingue, non la tua nascita,
comprendi popolo, che Dio ti giudicherà in funzione delle tue azioni, non della tua nascita.
Egli ti mette sul cammino e sono gli uomini, tuoi pari, che, consapevolmente o no, lo rendono tortuoso o dritto, ti ci avvicineranno o allontaneranno, ma sta a te e solamente a te decidere qua verso dove cammini perché alla fine è per te che cammini.
Certo, devi camminare per i tuoi fratelli, le tue sorelle e per Dio, ma è la tua salvezza che è in gioco.
Amando Dio, amando gli uomini, tuoi fratelli e tue sorelle, tu non puoi che guadagnare, se non è sulla Terra, sarà altrove, l’astro del giorno.
E’ a te stesso e ai tuoi fratelli che Dio ti raffronta, perché qui sono i tuoi più grandi nemici, sebbene molti cerchino di essere buoni.”

Quest’ultime parole riempirono il suo cuore e la sua anima e in seguito la vita di Gabriele fu una sorta di accettazione di tutto il male del mondo. Aveva già imparato a subire il male senza opporsi, ma sapeva che doveva soprattutto comprenderlo, perché, per lottare contro di lui, che cosa c’era di meglio che seminare la pace e l’amore all’interno stesso del male?

Non aveva fino ad allora lasciato parlare la sua ira o il suo odio, ma tuttavia sapeva che avrebbe dovuto dire di no al male, quando si sarebbe ingrandito troppo e avrebbe seminato la discordia negli animi.
Aveva già una tale capacità di contenersi che dava di sé l’immagine di un uomo per cui la vita non aveva più segreti.
Aveva ormai un tale fiducia in Dio che si sarebbe lasciato condurre dalla provvidenza e dall’amore divino.

Una sera, Dio gli parlò nel sonno e gli disse:

Quote :
“Uomo io sussurro ogni giorno la mia parola nell’incavo del tuo orecchio,
e nel profondo del tuo cuore,
ma tu, peccatore e profittatore,
cambi le Scritture,
e corrompi i miei detti, facendomi parlare attraverso di te.
Numerosi sono coloro ai quali ho trasmesso la mia parola,
ma tutti hanno preferito deviarla,
non serviva se non ad attirare su di loro la gloria,
non serviva se non a giustificare le loro parole.
Ma verrà un giorno in cui confiderò ad Uno le mie parole di saggezza,
ed ad Un altro i miei comandamenti.
Perché io ti amo, Uomo,
e quando vorrai comprendere ciò che devo rivelarti,
io ti parlerò,
e quando consapevole ti fermerai solamente alle mie parole,
io ti manderò a bruciare tra le fiamme dell’inferno nelle viscere della Luna.
Perché solo la sofferenza potrà farti vedere che io opero ogni giorno per il tuo bene.
E facendoti soffrire ti farò comprendere che senza di me niente esiste e niente può esistere.
Se ti obbligassi a seguirmi tu non comprenderesti perché è bene farlo.
Hai bisogno di tempo per capire, Uomo, eppure io ti amo.
Non cercarlo, il Bene è qui, nella semplicità del tuo cuore.
Va’, Gabriele, trasmetti il mio messaggio a coloro che ritieni degni di essere salvati.
Perché, Gabriele, te lo dico, d’ora in po’ quest’era di decadenza si avvierà verso la fine.
E solo i giusti saranno salvati.”

Allora Gabriele percorse Oanilonia alla ricerca dei giusti, donò loro una tale sete di Dio che molti, nel proprio campo, cominciarono ad operare per la gloria di Dio. Spiegò loro anche la necessità di sapere a che cosa siamo chiamati. Disse queste parole:


Quote :
“Miei amici, miei fratelli,
Dio riserva a ciascuno di voi una via particolare.
Non smette di gridarla nel profondo del vostro cuore.
Sappiate aprirvi al suo appello e rispondere “sì!”
Dicendo: “signore tu sai che cos’è bene per me. Là dove tu mi porti io non potrò straziarmi perché è la mia via. Là dove tu mi porti io non potrò che essere felice malgrado gli ostacoli.
Allora, aprite i vostri cuori”

Molti furono toccati dalle sue parole ma ciò non era sufficiente a mantenere la massa degli uomini sulla via di Dio.
In effetti le Parole d’amore che provenivano da Gabriele parlavano di allontanarsi dal peccato, di avvicinarsi sempre di più alla piena virtù che solo Dio possiede, di avvicinarsi sempre di più a Dio.
Ma, era talmente più semplice restare sulla propria via, era talmente più semplice persistere nel peccato…perché cambiare quando si sta bene in una situazione?

Fu allora che Leviatano, sempre più incuriosito dalla temperanza di Gabriele, lo fece chiamare. Quando arrivò, vide suo padre legato ad una colonna di legno. Leviatano gli disse che suo padre aveva perso un intero carico di pesce, era un cattivo elemento e meritava un punizione. Leviatano cominciò a picchiare Vorian, Gabriele lo supplicò di fermarsi, ma più Gabriele supplicava, più Leviatano picchiava forte…
Leviatano colpì così forte che trafisse in un’esplosione di sangue il ventre di Vorian, che morì sul colpo, accompagnato dalle lacrime di suo figlio…
Leviatano si aspettava che a quel punto Gabriele reagisse e, accecato dalla collera, tentasse di vendicare suo padre, ma Gabriele non fece niente, gli volse le spalle e si allontanò, ma giusto prima di andarsene, disse questo a Leviatano:”Il tuo Odio e la tua Ira non mi toccano, tu pensi di essere il più forte, ma la tua fine è prossima, Dio ti punirà per i tuoi peccati e tu sarai condannato ad un’eternità di sofferenza.”. Prima che Leviatano avesse il tempo di rispondere, Gabriele se n’era andato…

La caduta di Oanilonia

Gabriele errava per il porto di Oanilonia in preda ad una grande tristezza dopo lo scatenamento di violenza a cui aveva assistito. Si avvicinò alla barca “Que-Bec”, chiamato così perché la sua prua rappresentava un albatros con il grande becco aperto: il suo armatore aveva detto “ma que bec ca la gha quala navi lì!” (ma che becco ha quella nave)! con il forte accento dei quartieri poveri, così fu scelto il nome “Que-Bec” per quella barca. L’armatore era un amico di Gabriele, l’aveva riportato sulla retta via qualche tempo prima.

Stava per andare a vederlo quando dei lampi apparvero nel cielo di Oanilonia.
Gabriele capì immediatamente che l’ora della caduta di Oanilonia era arrivata.
Decise di andare subito ad avvisare tutti coloro che aveva incontrato e l’aveva seguito sulla via della virtù per salvarli.
Cominciò dall’avvisare il suo amico Alcisde, l’armatore del “Que-Bec”, perché preparasse la barca ad imbarcare tutti quelli che Gabriele avrebbe portato, al fine di salvarli.
Percorse tutte le strade di Oanilonia, dicendo a tutti quelli che conosceva di andare al porto e di imbracarsi sul “Que-Bec”, raccomandandosi di non portare niente che potesse appesantire la braca. Quando tornò al porto accompagnato da quattro orfani, vide Leviatano che, con gli occhi folli di furia e collera, lanciava un’enorme trave sulla barca, che cadendo sulla sua vela lo rese prigioniero della città. Mentre una risata tonante da folle usciva dalla gola di Leviatano, Gabriele, ascoltando solo la sua fede, saltò sul ponte per aiutare a liberare il “Que-Bec”. La trave era molta alta e Gabriele, che era molto forte, propose di fare del suo corpo una scala. Prese un asse, che teneva tra le mani e disse ad uno dei marinai: “Sali sul mio corpo, mi puoi usare come una scala”. Questi riuscì così ad arrampicarsi sino alla trave e liberare la barca. Tutti allora gridarono: “Viva Gabriele che fece del suo corpo una scala, viva il “Que-Bec” libero!”.

Dopo averla così liberata, salirono tutti sulla barca.
Un uomo domandò allora a Gabriele :”Che cosa si aspetta Dio da noi?”
Gabriele rispose:

Quote :
“Eppure Oane ha inciso sul primo muro della nostra città le parole del Creatore, c’è scritto che cosa Dio ha detto ai nostri antenati:
"Che la vostra fedeltà sia quella dei figli verso i loro genitori o sarò severo come lo sono i genitori verso i loro figli. Poiché, quando ciascuno di voi morirà, lo giudicherò, in funzione della vita che ha condotto. Il sole inonderà ogni giorno il mondo della sua luce, come prova d'amore per la Mia creazione. Quelli, fra i tuoi, che vi manderò, vivranno un'eternità di beatitudine. Ma, ogni giorno, la luna gli darà il cambio. E coloro che, fra i tuoi, vi verranno gettati, là conosceranno soltanto il tormento."

Ma io vi dico anche questo:

“ Questo giorno è un giorno totalmente nuovo,
non è mai esistito e non esisterà mai più.
Prendete dunque questo giorno e fatene una scala
Per raggiungere le più alte vette.
Non permettete che la fine del giorno
Vi trovi simili a come eravate all’alba.
Perché domani potrebbe essere il giorno in cui sarete giudicati.”

La nave si allontanò mentre Gabriele tornò nella città in preda al caos assoluto. E, in sei giorni, fece tutto quello che poteva per salvare coloro che potevano ancora essere salvati.
Venne allora il settimo giorno, che fu un tremendo cataclisma.
Gabriele era sulla porta quando vide Leviatano che, fuori di sé, cercava di lasciare la città sulla sua barca chiamata “Kraken”, ma gli elementi erano scatenati e un tremendo turbine si formò attorno al Kraken e lo inghiottì. Fu allora che un terremoto distrusse Oanilonia che fu sommersa dai flutti.
Dei testimoni videro allora un arcobaleno illuminare i cieli oscuri e riconobbero allora Gabriele mentre veniva portato verso il sole.

Preghiera a San Gabriele

San Gabriele Arcangelo,
angelo della Temperanza,
apri le nostre orecchie
ai dolci avvertimenti
e agli appelli pressanti dell’Altissimo.
Tieniti sempre davanti a noi,
ti scongiuriamo,
affinché comprendiamo bene
la parola di Dio,
affinché lo seguiamo,
affinché gli obbediamo
e adempiamo a ciò che vuole da noi.
Aiutaci a restare svegli,
affinché, quando arriverà,
il Signore non ci trovi addormentati.
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Nascita di Michele

Michele era nato nella città di Oanilonia, era il quinto dei dieci figli di Diana e Robin, una coppia di cacciatori che viveva, come molti a quel tempo, per servire uno più ricco di loro.
Il loro maestro, perché bisognava chiamarlo così, non aveva altro scopo che acquisire più ricchezze e terre di quante ne potesse utilizzare.

Quest’uomo, conosciuto con il nome di Maestro Satana Sibarita, aveva proclamato di possedere le terre nel raggio di due chilometri intorno alla città e tutti coloro che ci cacciavano o che le coltivavano dovevano versargli la metà dei prodotti.
Si diceva che non si addormentasse se la giornata non gli aveva dato di che riempire due dei suoi bauli, uno di mais, l’altro di carne.
Inviava i suoi sottoposti a raccogliere sempre di più dagli sfortunati che vivevano ai confini della città.

La vita di Michele

Michele crebbe dunque tra i poveri di Oanilonia apprendendo da suo padre l’arte della caccia e dell’uso della lancia. Da sua madre imparò a seguire le tracce lasciate dagli animali che cacciava. Imparò anche a leggere le stelle per trovare la strada. Vivere con i suoi nove fratelli e sorelle gli insegnò la condivisione e l’amore per gli altri.

All’età di tredici anni Michele aveva già le spalle e la forza di un adulto, primogenito della famiglia, era spesso lui che difendeva i suoi fratelli e le sue sorelle mettendosi tra loro e chi li infastidiva. Nonostante non avesse mai picchiato nessuno, era temuto e rispettato dagli abitanti dei sobborghi. Molto presto gli fu chiesto di dirimere le dispute perché si diceva che potesse leggere nel cuore della gente.

Quando non aveva prove per assegnare la vittoria, deponeva la sua lancia sulla testa di una delle due persone e, se la lancia restava in equilibrio, quella persona diceva la verità, nel caso contrario mentiva.
Ma molto presto non ebbe nemmeno più bisogno di usare la lancia.
Al solo sentire che lo si sarebbe fatto venire, il colpevole rinunciava e le cose si sistemavano da sole.
Alcuni dicevano che aveva un potere sovrannaturale, ma i più saggi sapevano di che cosa si trattasse.
Eppure malgrado la su grande saggezza e la sua destrezza con la lancia non poteva fare niente contro i seguaci di Satana che diventavano sempre più avidi.

Suo padre morì il giorno del suo ventesimo compleanno, rendendolo capofamiglia, poiché era il maggiore dei figli. Fu allora che ricevette la visita del suo amico Timoteo che gli aveva chiesto la mano di Emmelia, sua sorella minore.
A Oanilonia i preti avevano abbandonato il popolo per occuparsi esclusivamente dei notabili e dei più ricchi, riservando loro i favori dell’Altissimo.
Michele si fece carico dell’organizzazione del fidanzamento e tutti furono i benvenuti.

Quel giorno Simplicio, uno dei luogotenenti di Maestro Sibarita, era presente e cedette al fascino della sorella di Michele. Tornò il giorno successivo con le sue guardie e ordinò che Emmelia li seguisse per entrare al servizio di Satana, ma Michele si frappose, sgominò le guardie e finalmente Simplicio fu alla sua mercé…
Ma invece di ucciderlo, prese la sua spada e gliela lanciò dicendo .” Se il tuo occhio destro ti porta verso ciò che non ti è destinato strappalo e brucialo, perché è meglio che una parte di te muoia piuttosto che attiri su di te la collera di Dio”.
Il luogotenente fuggì e tornò dal suo maestro. Ma tornò il giorno successivo con una truppa più grande, arrestò Michele e Timoteo che furono condotti alla prigione di Oanilonia e lì rinchiusi.

La distruzione di Oanilonia

Il primo giorno di prigionia fu anche il primo dei sette giorni che portarono alla distruzione della prima città degli uomini.
Un fulmine si abbatté sul muro della prigione, permettendo a Michele ed al suo amico di fuggire il caos e di riunirsi ai loro cari.
Michele riunì più persone possibili, dicendo loro che la punizione di Dio sarebbe stata terribile, ma che i giusti avrebbero potuto vivere una nuova vita lontano dalla città maledetta.
Poiché Timoteo era pescatore, propose di ritrovarsi al porto per fuggire attraverso il lago. Michele aiutò coloro che per la loro fede in Dio meritavano di imbarcarsi. Poiché restavano dei posti, chiese al suo amico di lasciare salire dei bambini che si erano rifugiati presso di loro.
Dei codardi che volevano fuggire dalla città, più per paura che per seguire la volontà di Dio, tentarono di assaltare la barca, ma Michele si mise in mezzo, permettendo a suoi ed ai bambini di lasciare la città senza intoppi.
Quando i suoi amici furono al sicuro, egli restò solo e per sei giorni salvò coloro che potevano essere salvati.
Il settimo giorno c’erano ancora persone da salvare ma nessuna barca. Come per miracolo apparvero altre due imbarcazioni, egli invitò dunque coloro che avevano il cuore puro a salire su queste barche. Sembrava capace di leggere nel cuore della gente se la loro fede era reale e inviava sulla prima barca coloro che giudicava degni e sulla seconda coloro che fuggivano per paura o per salvare le proprie ricchezze. Vedendo le due imbarcazioni piene, si rifiutò di salire, dicendo che Dio aveva una missione per lui e che sentiva di dover restare per salvare altri amici. Arrivata all’uscita della città la prima barca prese senza intoppi il largo, mentre la seconda più pesante per l’oro portato fu bloccata dai fondali bassi. Egli disparve con la città mentre forti venti distruttori che soffiavano da centro della Terra spaccarono la terra in numerosi abissi.

Alcuni sopravvissuti, lontani dalla città, raccontarono che in quel momento, mente la pioggia cadeva malgrado il cielo senza nuvole, un arcobaleno che veniva direttamente dal sole cadde sulla città, Michele scelto da Dio fu così trasportato da un nembo celeste e divenne uno dei sette arcangeli.

La prima apparizione

La prima apparizione dell’arcangelo è d’altronde quella che fece di lui un angelo guerriero sebbene non avesse mai fatto colare una goccia di sangue.

Qualche generazione dopo il giorno del giudizio e la morte di Michele, due gruppi discendenti diretti di coloro che egli aveva protetto discutevano perché una parte aveva costruito un tempio a Michele e l’avevano chiamato con un altro nome, considerandolo come pari di dio, perché aveva saputo salvarli. Gli altri consideravano il sacrificio di Michele come un esempio e non come l’atto che fa di un uomo un dio.

Ispirato dall’ombra colui che si era dichiarato Gran Sacerdote di Anubi (nome che aveva dato a Michele, non è chiaro per quale ragione, è possibile che fosse il nome del suo gruppo, ma non è stata finora ritrovata alcuna prova di ciò) vide crescere il suo potere.
Dicendo di ricevere le sue informazioni dal duo stesso dio, il Sacerdote nominò un neonato re del popolo, perché figlio di Anubi, e governò in sua vece per molti anni, fece radere al suolo il tempio dedicato a Dio e dichiarò che, poiché questo dio non aveva saputo proteggere i suoi fedeli, questi sarebbero diventati suoi schiavi. Per rafforzare il suo potere e far dimenticare il vero dio, riprese il nome degli arcangeli per farne a loro volta degli dei.

Il patriarca dei fedeli pregava ogni giorno dio e, malgrado le loro sofferenze, lo ringraziava per ciò che avevano.
Il Signore si impietosì ed inviò l’arcangelo in persona.
San Michele apparve in armatura, con una lunga lancia ed un grande scudo e si fece riconoscere da tutti, apparendo alla sommità del tempio che gli era destinato.

Il Gran Sacerdote lo interpellò e gli disse: “Anubi, eccoti finalmente; sei venuto a ringraziare i tuoi fedeli e a ricompensarci per aver tanto costruito per te?”
Michele di risposta: “ No, sono venuto a portare le parole di speranza di Dio verso coloro che non si sono allontanati da lui perché numerose sono le comunità di fedeli che percorrono il mondo in attesa dei profeti che li riuniranno nell’amore e nell’amicizia.”
Il Gran Sacerdote non lo riconobbe più ed ordinò alle sue guardie di smascherare l’inganno massacrando i fedeli del dio unico. Michele si frappose e per due giorni respinse gli assalitori, senza ucciderne alcuno, permettendo ai fedeli di fuggire verso altre terre.

Dopo due giorni di combattimento i fedeli del Gran Sacerdote erano sia troppo stanchi sia troppo feriti per proseguire e videro delle ali spuntare sulla schiena dell’arcangelo permettendogli di ricongiungersi ai cieli. Il Sacerdote fece uccidere tutte le guardie dai suoi preti e disse che non era stato Anubi a venire, ma un dio vendicatore, per punirli per aver lasciato in vita i servitori del falso unico dio.

Ci sono diverse varianti di questa leggenda che sostengono che l’Arcangelo era alla testa di un’armata d’angeli, un’altra che avrebbe armato le braccia dei più forti tra i fedeli, un’altra ancora che egli non aveva fatto altro che ispirare il più valoroso tra i servitori di Dio per guidare la rivolta e condurre i suoi attraverso il deserto. Tutto ciò ha poca importanza, l’essenziale è che furono l’intervento di Michele e la volontà di Dio che permisero ai loro figli di fuggire verso terre più accoglienti.

La leggenda di monte san Michele (mont saint Michel)

La seconda apparizione dell’arcangelo che ho trovato accadde nell’epoca in cui alcuni Barbari veneravano degli dei alcolici, avendo per solo tempio la taverna e per sola liturgia la bevuta. Il quel periodo esisteva una comunità di fedeli perseguitata da un barbaro di nome Saathan che venerava un Dio alcolico che esigeva sacrifici di bambini.

La comunità in fuga verso il Nord si trovò bloccata in una foresta in riva all’oceano.
Il patriarca della comunità disse a tutti i suoi di prepararsi a sacrificarsi nell’oceano per non cadere nelle mani dei barbari. Si diressero allora verso il punto più alto della costa e si misero a pregare il Signore affinché chiedesse a san Michele di preparare la loro venuta.

Dio, che non poteva tollerare che dei suoi figli mettessero fine alla propria vita, fece sapere al patriarca tramite un messaggero celeste che non stava al figlio scegliere il giorno in cui si sarebbe ricongiunto al suo creatore. Ordinò dunque, se l’amavano ed avevano fede in lui, di abbattere dei grandi alberi e fare una palizzata intorno alla roccia. Una volta fatto, prepararono un grande banchetto e accesero un fuoco sulla sommità della roccia affinché Saathan conoscesse la loro posizione.

Così fu fatto e sette giorni più tardi la palizzata fu completata e il fuoco acceso. La mattina videro le truppe di Saathan accerchiare la roccia ed attaccare la fragile protezione. Con l’aiuto di pietre e di lance, i fedeli si preparavano a battersi, poiché tale era la volontà di Dio. Allorché, nel luogo stesso in cui era stato acceso il fuoco, un angelo vestito di un’armatura e armato di lancia e scudo apparve… Non disse una parola, ma tutti i fedeli sapevano che fosse.

L'arcangelo Michele lanciò la sua arma verso l’orizzonte che sembrò levarsi verso il cielo e avanzare verso la rocca come un muro di cavalli al galoppo, questo muro travolse tutto ciò che si trovava sul suo passaggio ma non distrusse la fragile palizzata. Le truppe di Saathan furono inghiottite e quando il mare si ritirò aveva fatto della roccia un’isola circondata di sabbia mobile dove finiva di sprofondare l’armata vinta dalla forza dei fedeli.
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PostSubject: Arcangeli - San Silfaele   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:39

Il rotolo di questo manoscritto fu ritrovato al di là della grande pianura, in una delle antiche grotte di Mogao, a Dunhuang e riportato alla luce da Fra’ Guglielmo di Rubrouck circa duecento anni fa.

Io, Nemrod Aggadoth che fui testimone della caduta di Oanilonia per castigo divino e devo la mia salvezza solo al fatto che l’Altissimo mi impose di trasmettere questa testimonianza alle generazioni future, consegno, alla fine della mia vita e alla posterità umana, il racconto dettagliato di tutto ciò che ho visto.


L’incredibile destino di Silfaele di Hedon

In quei tempi tumultuosi per la città viveva un giovane chiamato Silfaele di Hedon. Sapeva brillare in società, era dotato di talenti in tutte le arti, ma ciò che gli procurava l’ammirazione della sua cerchia era la sua straordinaria capacità di assaporare ogni istante della vita.
Lo incontriamo spesso in compagnia di due amici di taverna, Colomba la Radiosa e Lucifero il Ciclotimico, ma mentre quest’ultimo si ubriacava eccessivamente fino a diventare violento poco prima del coma etilico (dando luogo al celebre detto “quando Lucifero beve, Colomba paga”) Silfaele, re delle notti di Oanilonia, gustava tutti i vini, poi appena titubante cominciava a dare il suo concerto di lira in favore dell’associazione “saggezza riunita di Oane”. Si vedevano allora le torce dei suoi adulatori sconvolti, inviarlo dritto al firmamento.
Spesso l’indomani all’aurora e dopo che aveva trovato nuove fonti di piacere studiando con Colomba, non era raro vedere Silfaele preparare una tisana al capezzale di un Lucifero dai tratti rovinati, nauseati, livido.
“Tu confondi piacere e felicità, mio povero Luc!” lo ammoniva Silf mentre il suo amico si preparava ad una giornata di mortificazioni e autopunizioni di tutti i generi perché come una banderuola folle Lucifero il volubile non cessava di passare da una sete di piacere estremo ad un abbattimento colpevole e deprimente “e così affatichi il tuo corpo molto duramente con incessanti privazioni e eterni eccessi”.
Qualche tempo dopo, Colomba, cedendo al fascino devastante di Silfaele il voluttuoso, lo sposò.
Tuttavia nonostante la loro impertinente felicità, i due giovani si preoccupavano per il loro amico, che come altri abitanti di Oanilonia, affondava ogni giorno più profondamente in un abisso senza fondo, confondendo inquietanti costumi sessuali la notte e formulando strane preghiere di giorno, prostrato e nudo, sulla sommità di una colonna sotto l’occhio benevolo della Creatura Senza Nome.
Questi operava ormai per tutta la città, uscendo nella penombra, fiutando le sue prede tra le rovine sempre più numerose sotto i colpi violenti dell’ira di Dio perché il tempo del castigo era cominciato.

La ribellione dei corrotti

La Creatura Senza Nome aveva trovato facilmente i suoi ausiliari tra gli esseri più dissoluti della Città in numero di sette, tra cui Lucifero il Ciclotimico e questi factotum diffondevano i loro malvagi pensieri con sconcertante facilità, instillando negli spiriti smarriti per la paura oscure idee come:
“Dio ha creato i ricchi per dare ai poveri il paradiso in grande stile”, “l’uomo ritroverà i suoi beni se non dubiterà della debolezza di Dio”, “l’eternità è lunga, soprattutto verso la fine”, tanto e così bene che la collera così attizzata scatenò un massacro.
Un mattino ritrovammo sventrato tra le rovine e tra molti altri il corpo di Colomba e per la prima volta vidi Silfaele crollare, nel medesimo tempo in cui la città cadeva a pezzi.

La tentazione

Due giorni più tardi mentre la città in rovina si svuotava scorsi Silfaele correre in tutte le direzioni in un vicolo. Era pallido. Mi raccontò questo:
“Stanotte mi sono svegliato di soprassalto sentendo la presenza sul mio lenzuolo di una forma: questa sembrava appoggiarsi ai miei fianchi, poi stringersi intorno alle mie gambe fino a bloccarmi completamente. Fui preso da un’angoscia opprimente tuttavia credevo di riconoscere in questa forma il corpo di Colomba, la mia defunta moglie, e mentre il terrore poco a poco mi invadeva io ero invaso da un fiume di immensa tenerezza nei suoi confronti, ma sapevo che non c’era più e questo sentimento cedeva il posto ad un’impressione di mancanza e un dolore incontrollabile, compresi ad un tratto di essere in preda ad uno straordinario maleficio, di dover lottare con tutte le mie forze per non cedere a questa cosa abominevole. Senza dubbio paralizzato da una paura intensa avevo grandissime difficoltà a muovermi e la cosa mi imprigionava come una morsa. Dopo interminabili secondi riuscì a prendere la lampada ad olio (avevo l’unico pensiero di fare luce per affrontare il sortilegio) ma la fiamma non si accese. Allora, cedendo al panico, mi dibattevo con l’energia della disperazione perché questa volta sarei morto e non smettevo di gridare “vattene”, in una litania ininterrotta sempre più forte, alla forza malefica di cui ero vittima. Il mio polso si imbizzarriva, il mio cuore batteva così veloce che era sul punto di esplodere, la cosa sciolse la sua stretta, poi non sentii più niente, accesi la lampada e questa volta, stranamente, funzionò.
Per il resto della notte ho meditato su questo tentativo di possessione da parte dell’Innominabile Creatura e sullo stato di accidia che stava quasi per uccidermi quando ero pietrificato dall’angoscia.
Dobbiamo accettare l’ira di Dio, e questa città, siamo noi che l’abbiamo condannata alla distruzione, io mi ricongiungerò al gruppo dei virtuosi.”.
“Perdonami, amico mio”gli dissi “ma come speri di incarnare una virtù, tu che hai consacrato la tua intera esistenza ai piaceri?”
Rispose “ma perché questa virtù è il piacere stesso! Dio ci ha dato i sensi per gustarlo e perché l’amore della vita restasse l’Amore”.
Senza attardarsi cominciò a pregare per salvare il mondo in compagnia dei Virtuosi riuniti alla settima Porta.

La città di Oanilonia, di forma quadrata, aveva otto porte corrispondenti alle suddivisioni cardinali e la porta Ovest era la settima, osservai Silfaele allontanarsi verso ponente e questa fu l’ultima volta che lo vidi.
Infinitamente più codardo, lasciai precipitosamente la città senza armi né bagagli, prima dell’ultimo caos. Così restavano ormai sette virtuosi di fronte a sette corrotti.
Tra i compagni di fuga che incontrai sulla strada, qualcuno aveva osservato da lontano il cataclisma finale, la città inghiottita dalle onde e le loro testimonianze concordavano su questo punto, sette figure erano sollevate verso il sole da dei fasci ardenti.
Fui felice pensando alla destinazione finale di Silfaele che per tutta la sua vita era stato splendente.

All’ultimo soffio della mia vita traccio alla svelta degli schizzi tentando di trasmettere questi ricordi visivi della grande città di Oanilonia al mondo dei sopravvissuti. Possa l’umanità sempre ricordarsi dell’esempio dei virtuosi e del castigo degli orgogliosi.
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PostSubject: Arcangeli - San Silfaele   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:42

Il rotolo di questo manoscritto fu ritrovato al di là della grande pianura, in una delle antiche grotte di Mogao, a Dunhuang e riportato alla luce da Fra’ Guglielmo di Rubrouck circa duecento anni fa.

Io, Nemrod Aggadoth che fui testimone della caduta di Oanilonia per castigo divino e devo la mia salvezza solo al fatto che l’Altissimo mi impose di trasmettere questa testimonianza alle generazioni future, consegno, alla fine della mia vita e alla posterità umana, il racconto dettagliato di tutto ciò che ho visto.


L’incredibile destino di Silfaele di Hedon

In quei tempi tumultuosi per la città viveva un giovane chiamato Silfaele di Hedon. Sapeva brillare in società, era dotato di talenti in tutte le arti, ma ciò che gli procurava l’ammirazione della sua cerchia era la sua straordinaria capacità di assaporare ogni istante della vita.
Lo incontriamo spesso in compagnia di due amici di taverna, Colomba la Radiosa e Lucifero il Ciclotimico, ma mentre quest’ultimo si ubriacava eccessivamente fino a diventare violento poco prima del coma etilico (dando luogo al celebre detto “quando Lucifero beve, Colomba paga”) Silfaele, re delle notti di Oanilonia, gustava tutti i vini, poi appena titubante cominciava a dare il suo concerto di lira in favore dell’associazione “saggezza riunita di Oane”. Si vedevano allora le torce dei suoi adulatori sconvolti, inviarlo dritto al firmamento.
Spesso l’indomani all’aurora e dopo che aveva trovato nuove fonti di piacere studiando con Colomba, non era raro vedere Silfaele preparare una tisana al capezzale di un Lucifero dai tratti rovinati, nauseati, livido.
“Tu confondi piacere e felicità, mio povero Luc!” lo ammoniva Silf mentre il suo amico si preparava ad una giornata di mortificazioni e autopunizioni di tutti i generi perché come una banderuola folle Lucifero il volubile non cessava di passare da una sete di piacere estremo ad un abbattimento colpevole e deprimente “e così affatichi il tuo corpo molto duramente con incessanti privazioni e eterni eccessi”.
Qualche tempo dopo, Colomba, cedendo al fascino devastante di Silfaele il voluttuoso, lo sposò.
Tuttavia nonostante la loro impertinente felicità, i due giovani si preoccupavano per il loro amico, che come altri abitanti di Oanilonia, affondava ogni giorno più profondamente in un abisso senza fondo, confondendo inquietanti costumi sessuali la notte e formulando strane preghiere di giorno, prostrato e nudo, sulla sommità di una colonna sotto l’occhio benevolo della Creatura Senza Nome.
Questi operava ormai per tutta la città, uscendo nella penombra, fiutando le sue prede tra le rovine sempre più numerose sotto i colpi violenti dell’ira di Dio perché il tempo del castigo era cominciato.

La ribellione dei corrotti

La Creatura Senza Nome aveva trovato facilmente i suoi ausiliari tra gli esseri più dissoluti della Città in numero di sette, tra cui Lucifero il Ciclotimico e questi factotum diffondevano i loro malvagi pensieri con sconcertante facilità, instillando negli spiriti smarriti per la paura oscure idee come:
“Dio ha creato i ricchi per dare ai poveri il paradiso in grande stile”, “l’uomo ritroverà i suoi beni se non dubiterà della debolezza di Dio”, “l’eternità è lunga, soprattutto verso la fine”, tanto e così bene che la collera così attizzata scatenò un massacro.
Un mattino ritrovammo sventrato tra le rovine e tra molti altri il corpo di Colomba e per la prima volta vidi Silfaele crollare, nel medesimo tempo in cui la città cadeva a pezzi.

La tentazione

Due giorni più tardi mentre la città in rovina si svuotava scorsi Silfaele correre in tutte le direzioni in un vicolo. Era pallido. Mi raccontò questo:
“Stanotte mi sono svegliato di soprassalto sentendo la presenza sul mio lenzuolo di una forma: questa sembrava appoggiarsi ai miei fianchi, poi stringersi intorno alle mie gambe fino a bloccarmi completamente. Fui preso da un’angoscia opprimente tuttavia credevo di riconoscere in questa forma il corpo di Colomba, la mia defunta moglie, e mentre il terrore poco a poco mi invadeva io ero invaso da un fiume di immensa tenerezza nei suoi confronti, ma sapevo che non c’era più e questo sentimento cedeva il posto ad un’impressione di mancanza e un dolore incontrollabile, compresi ad un tratto di essere in preda ad uno straordinario maleficio, di dover lottare con tutte le mie forze per non cedere a questa cosa abominevole. Senza dubbio paralizzato da una paura intensa avevo grandissime difficoltà a muovermi e la cosa mi imprigionava come una morsa. Dopo interminabili secondi riuscì a prendere la lampada ad olio (avevo l’unico pensiero di fare luce per affrontare il sortilegio) ma la fiamma non si accese. Allora, cedendo al panico, mi dibattevo con l’energia della disperazione perché questa volta sarei morto e non smettevo di gridare “vattene”, in una litania ininterrotta sempre più forte, alla forza malefica di cui ero vittima. Il mio polso si imbizzarriva, il mio cuore batteva così veloce che era sul punto di esplodere, la cosa sciolse la sua stretta, poi non sentii più niente, accesi la lampada e questa volta, stranamente, funzionò.
Per il resto della notte ho meditato su questo tentativo di possessione da parte dell’Innominabile Creatura e sullo stato di accidia che stava quasi per uccidermi quando ero pietrificato dall’angoscia.
Dobbiamo accettare l’ira di Dio, e questa città, siamo noi che l’abbiamo condannata alla distruzione, io mi ricongiungerò al gruppo dei virtuosi.”.
“Perdonami, amico mio”gli dissi “ma come speri di incarnare una virtù, tu che hai consacrato la tua intera esistenza ai piaceri?”
Rispose “ma perché questa virtù è il piacere stesso! Dio ci ha dato i sensi per gustarlo e perché l’amore della vita restasse l’Amore”.
Senza attardarsi cominciò a pregare per salvare il mondo in compagnia dei Virtuosi riuniti alla settima Porta.

La città di Oanilonia, di forma quadrata, aveva otto porte corrispondenti alle suddivisioni cardinali e la porta Ovest era la settima, osservai Silfaele allontanarsi verso ponente e questa fu l’ultima volta che lo vidi.
Infinitamente più codardo, lasciai precipitosamente la città senza armi né bagagli, prima dell’ultimo caos. Così restavano ormai sette virtuosi di fronte a sette corrotti.
Tra i compagni di fuga che incontrai sulla strada, qualcuno aveva osservato da lontano il cataclisma finale, la città inghiottita dalle onde e le loro testimonianze concordavano su questo punto, sette figure erano sollevate verso il sole da dei fasci ardenti.
Fui felice pensando alla destinazione finale di Silfaele che per tutta la sua vita era stato splendente.

All’ultimo soffio della mia vita traccio alla svelta degli schizzi tentando di trasmettere questi ricordi visivi della grande città di Oanilonia al mondo dei sopravvissuti. Possa l’umanità sempre ricordarsi dell’esempio dei virtuosi e del castigo degli orgogliosi.
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PostSubject: Arcangeli - Santa Galadriella   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:43

Questo testo è la traduzione di una pergamena vecchia ritrovata circa una decina di anni fa in una vecchia biblioteca su un'isola greca. Il suo autore è sconosciuto e la traduzione ha necessità di numerose ore di lavoro a causa della pergamena in cattivo stato alla sua scoperta.


Agiografia di Santa Galadriella Arcangelo

L'infanzia nera:

Galadriella nacque nei tempi torbidi nei quali la Città di Oanilonia era consegnata ai peccati. La sua famiglia faceva parte di quelli che si rivendicavano come i forti. Controllavano il commercio delle mucche e si assicurano così la loro superiorità sugli altri. Barricati in un grande casamento a fianco della collina che sovrastava Oanilonia. Galadriella cresce in questo contesto di conflitti permanenti, resta chiusa instancabilmente nella sua camera e nella sua casa. Galadriella era una bambina semplice che non chiedeva mai niente e che si accontentava di ciò che gli si offriva. Di Dio non conobbe niente durante la sua infanzia. Le si raccontò solamente la storia della sua città facendo passare Oane per un uomo di potere. Fu rigettata rapidamente dai suoi fratelli e sorelle che la trovavano troppo debole. Fu messa dunque in disparte ritrovandosi ben presto sola, viveva nel solaio della sua casa, nel buio, aspettando solamente i due pasti che gli si portava mezzogiorno e sera. Tuttavia arrivò un giorno che cambiò tutto per lei. Mentre la domestica veniva a portargli il suo piatto di mezzogiorno, come d'abitudine, la luce che passò dalla botola rivelò a Galadriella una pila di libri che non aveva mai visto. La fortuna gli sorrise trovò al lato dei libri delle candele ed un piccolo oggetto che le premise di creare una debole fiamma. Apprese così a leggere, sola nel suo solaio e scoprì presto altri libri perché il suo solaio ne era pieno. Un giorno mentre finiva di leggere un'opera che trattava di piante medicinali e ne cercava una nuova da studiare trovò un vecchio fascio di pergamene, molto consumate, con numerose pagine. Si chiamava “La Guida”. Questo libro raccontava la storia di Oane e della creazione della città ed è così che Galadriella scoprì l'esistenza di Dio. A partire da quel giorno lo pregò ogni giorno, pregava un po’ di più la domenica per entrare in comunione con Lui come facevano gli antichi cittadini riunendosi sulla tomba della Guida.

La liberazione:

Un giorno un grande fracasso la svegliò. La casa era una ancora una volta attaccata. Il vizio si era spinto al suo parossismo e la città non era niente più che un macello dove tutti si uccidevano l’un l’altro, fornicava e la famiglia di Galadriella doveva pagare il prezzo del decadimento degli uomini che avevano dimenticato Dio ed il suo Amore. Tutta la famiglia e la servitù furono massacrati, le donne violentate prima di essere sgozzate o sventrate. Galadriella, nascosta in fondo al suo solaio pregò durante tutto il tempo nel quale durò l'attacco, seguito dal saccheggio. Dopo parecchi giorni nei quali non mangiò, rintanata nel suo solaio, infine uscì. La casa era saccheggiata, non restava più niente, tutto era stato preso o distrutto. Scappò nelle montagne dove sopravvisse del tempo prima di tornare nella città. Trovò delle persone che, come lei, credevano ancora in Dio e nel suo Amore. Con essi aiutò chi poteva, mangiando e bevendo sempre poco, non possedendo niente per lei se non un vecchio abito semplice per vestirsi. Durante questo tempo servì il povero ed il debole dando prova della più grande generosità possibile, la sua umiltà era riconosciuta da tutti quelli che erano con lei.


L'illuminazione:

E’ allora che Dio si rivolse agli abitanti di Oanilonia annunciando loro la distruzione prossima della città. Avvenne allora che i sette Signori del Vizio, come li chiamava Galadriella, apparvero e presero il controllo di una parte della città per la loro ribellione contro Dio. Galadriella era nel campo opposto, insieme a quelli che credeva ancora all'Onnipotente, al suo Amore e riconosceva i peccati degli uomini così come chi accettava con umiltà. Durante i sei giorni Galadriella pregò con Raffaele, Michele, Silfaele, Gabriele, Giorgio e Uriele e quel pugno di uomini e di donne che l’avevano seguita. Durante questi sei giorni Dio si rivolse due volte a lei. La prima mentre una donna era morente per mancanza di cibo. Le disse allora:

- Galadriella, dei sette uomini che incarnano le virtù supreme sei quella che possiede di meno e non senti mai il bisogno, aiuta questa donna per provarmi che incarni bene la perseveranza e sarai ricompensata.

Durante i due giorni che seguirono Galadrielle mangiò solamente un tozzo di pane, lasciando il resto della sua razione alla donna che si salvò. Il terzo giorno Dio parlò una nuova volta a Galadriella e gli disse come la prima volta:

- Galadrielle, dei sette uomini che incarnano le virtù supreme sei quella che possiede di meno e non provare mai il bisogno, offri ai tuoi compagni tutto ciò che possiedi per provarmi che incarni bene la perseveranza e tu sarai ricompensata.

Galadriella diede allora tutto ciò che possedeva, anche il suo abito, che custodì tuttavia come prestito alla richiesta di una donna. E mangiò grazie all'amicizia dei suoi compagni, ciascuno dei quali le diede un poco di che nutrirsi ogni giorno. Il settimo giorno arrivò, il suolo si spaccò, le fiamme uscirono dalla terra e tutta la città fu inghiottita. Galadriella, i suoi sei compagni e i loro discepoli si erano rifugiati su una collina dove assisterono al cataclisma. E’ allora che la luce scese su essi. Galadriella, Raffaella, Michele, Silfaele, Gabriele, Giorgio e Uriele ebbero l'onore di essere chiamati arcangeli per l'umiltà e la virtù che tutti loro avevano incarnato, i loro discepoli diventarono degli angeli perché avevano provato anche essi il loro desiderio di pentimento.

L'arcangelo:

Diventata arcangelo grazie alla sua umiltà e la perseveranza che incarnava Galadriella diventò uno dei sette secondi di Dio che avevano per missione di aiutare gli uomini ogni volta che ciò fosse possibile così come di combattere la Creatura senza nome. Galadriella compì allora con zelo la missione che Dio gli aveva confidato. Durante i primi tempi, fino alla nascita di Aristotele non fece altro che guardare con sofferenza gli uomini dedicarsi al paganesimo. Ma la nascita del Profeta cambiò molte cose, ella ispirò allora numerose persone a seguire la strada della perseveranza. Ad ogni preghiera che gli era rivolta scendeva sulla terra e concedeva il suo perdono. Non cessò mai il suo combattimento contro gli avidi.
Giunse un giorno in cui venne chiamata sulla Terra da un giovane ragazzo che gli chiedeva il suo aiuto. Il bambino, che era solo a piangere e pregare sul suo letto in una grande camera fastosa, vide arrivare una donna, coi lunghi capelli biondi, vestiti di un leggero e semplice abito di lino bianco immacolato che rivela le sue forme, due ali nella schiena che irradiavano una luce pura. Si rivolse così al ragazzo:

- Sono Galadriella, Arcangelo della Perseveranza, mi hai chiamato in aiuto e rispondo alla tua chiamata, dimmi in che cosa posso aiutarti.

Il ragazzo, stupito per la bellezza e la purezza di Galadriella gli rispose:

- Mio padre, il Re di queste terre, mi costringe a mangiare e bere come un guerriero perché dice che sono troppo gracile. Ma non amo mangiare tutte queste cose e bere tutti questi vini come lui e la sua corte.

Galadriella scosse la testa e mentre si alzava in aria per partire in un battito di ali gli rispose:

- Sarai accontentato mio ragazzo.

E lei sparì nel cielo tra due nuvole. L'indomani i magazzini del Re furono ritrovati vuoti, questo, non potendo accedere a tutto il cibo che ingurgitava ogni giorno morì. Il giovane ragazzo diventò Re e mai più qualcuno fu grasso in questo regno.

Venne un giorno in cui Dio chiese personalmente a Galadriella di compiere una missione per lui. La convocò, si presentò a Lui in ogni umiltà e le disse:

- Galadriella, vai a compiere per me una questua. Vai nelle terre dimenticate, là dove si trovano le rovine di Oanilonia, voglio che mi riporti la Corona della Creatura senza nome.

Galadriella partì per un lungo viaggio. L'area delle terre dimenticate non era conosciuta da nessun uomo e solo un angelo poteva accedervi volando. Non c'è altro che leghe e leghe di terre aride e nere, senza nessuna vita o goccia di acqua. Galadriella trovò all'area delle rovine di Oanilonia un'immensa crepa. Durante i giorni cercò in giro la Corona della Creatura senza nome senza successo. Esasperata pensò ad abbandonare e ritornare vergognosa in Paradiso per confessare il suo insuccesso a Dio. Avvenne allora che un uccello uscì dell'immensa crepa. Galadriella comprese che doveva andare a cercare la corona nel baratro. Ella entrò dentro, illuminava la sua strada grazie alla luce divina che irradiava. In fondo al baratro, su un piedistallo cinto di lava, trovò la corona. Enorme, tutta d’oro ed incastonata di numerose pietre preziose, testimonianza dell'orgoglio della Creatura senza nome. Galadriella prese allora la corona ed uscì del baratro ma là fu attaccata. La Creatura senza nome in persona gli saltò sopra, avvolgendola della sua nefandezza. Combatterono parecchi giorni senza arrivare a far trionfare né la luce né l'ombra. E’ allora che Giorgio, Arcangelo della Giustizia arrivò per aiutare Galadriella. Trapassò la Creatura senza nome con la sua lancia e la respinse facendola fuggire. Riportò allora Galadriella e la corona al Paradiso, là Dio distrusse l'oggetto, simbolo di brama e gratificò Galadriella di una grazia divina per il suo combattimento contro la Creatura senza nome.


Tradotto del greco Da Arilan di Louvois, Teologo del Santo Uffizio romano.
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PostSubject: Arcangeli - Sant'Uriele   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:44

Agiografia di Sant’Uriele

Di Garmon de Vaisnuy
Tradotto dal latino da Frere de Sauvigny, francescano

Nascita di Uriele e Belial
***


1. Nella città di Oanilonia viveva Adiguelle, moglie di Teofilo, dal quale aspettava due gemelli. Questi bambini erano stati concepiti nel più grande amore e non erano stati macchiati da alcuna lussuria. Adiguelle era una donna generosa e sempre attenta a chi le era vicino. Si occupava abitualmente dei più poveri ma in quel momento la situazione era difficile, gli uomini cominciavano ad allontanarsi da Dio, a sprofondare nella pigrizia e nell’avarizia, cosa che creava sempre più rivalità tra gli onaniloniani e questa situazione non faceva diminuire la povertà, al contrario, il numero dei bisognosi non cessava di crescere e questi erano disprezzati dai più forti. Non volendo svantaggiare nessuno, Adiguelle si occupava di ognuno di loro, ma ormai la creatura innominata inspirava in loro la gelosia e la sete di vendetta. Sfinita da questa situazione e dai bambini che aspettava, Adiguelle non poteva più trattenerli sulla retta via. Mise al mondo due bambini, uno chiamato Uriele, che secondo una leggenda significa “dona e ama”, l’altro Belial, che significa “dona e riceverai”. Allora la creatura senza nome persuase i più poveri ad uccidere quella famiglia, l’amore che regnava tra di loro e l’amore che riservavano all’Altissimo era, secondo le loro parole, la ragione che obbligava i più forti a disprezzare i più deboli.
Presentendo il pericolo, Teofilo prese Uriele e suo fratello dalle mani della loro madre e dopo averli abbracciati li nascose sotto una cassa. Aveva appena riposto la cassa quando coloro ai quali Adiguelle apriva ogni giorno la casa entrarono e li uccisero nel modo più orribile. Ma i bambini, sotto la loro cassa, furono risparmiati perché non erano stati visti.

Accolti
***


2. Furono raccolti da Menopus, un uomo anziano e pio, che non sapeva niente dell’origine di quegli “amori”, come amava chiamarli e che non desiderava sapere niente. Dette ai piccoli il latte che produceva grazie alla sua mucca Minerva, mucca che sarebbe diventata celebre ben più tardi presso i pagani per aver dato il latte, come se le sue simili non potessero… Ma torniamo alla nostra storia, la luce della candela si abbassa ed è necessario che io finisca di scrivere prima che mi trovino. I due giovani crebbero dunque senza mai separarsi; esisteva tra di loro un legame che andava al di là dell’amicizia e dell’amore fraterno, ma sfortunatamente uno di loro stava per allontanarsi dalla retta via.

La tentazione di Belial
***


3.I due bambini, malgrado le tentazioni della Creatura senza nome, continuavano a crescere piamente e non esitavano a privilegiare gli altri rispetto a se stessi. Certamente, dopo ciò che era accaduto ai loro genitori, di cui non sapevano niente, ma ne furono avvertiti in sogno, cercavano di essere discreti, fino al giorno in cui la Creatura andò a parlare a Belial:
“Perché privilegiare gli altri? Soprattutto quando non hanno niente da offrirvi; servite dunque i ricchi, vi pagheranno, così non lavorerete per niente”.
Belial gli rispose:
“Io non ho mai lavorato per niente, queste persone hanno bisogno di me, se non lo facciamo noi, chi lo farà?
“Nessuno, ma che cosa ti danno in cambio? Niente; imprecano contro di te, perché più dai, più vogliono”.
Questa riflessione non lo toccò subito, però, man mano che cresceva, questa insisteva e venne un momento in cui non riuscì più a farle fronte. Cominciò a chiedere dei soldi in cambio, ma i poveri già senza denaro non riuscirono a darglieli. Abbandonò dunque il suo servizio e cominciò anch’egli ad entrare nella pigrizia e nel peccato, traendo sempre più soddisfazione dalle sue azioni e non vedendo che non era indispensabile.

La tentazione di Uriele e la sa preghiera
***


4.La creatura senza nome andò poi a parlare all’orecchio di Uriele, ma questi, conoscendo le sue intenzioni, non lo volle ascoltare, perché più si fosse lasciato tentare, più sarebbe stato difficile resistere.
Raccogliendosi in preghiera, si mise in ginocchio e cominciò a recitare la preghiera che sarà a lungo utilizzata dai chierici.
“O Dio altissimo,
padre dell’umanità
e onnipotenza divina,
chiudi le mie orecchie
alle tentazioni
e apri i miei occhi
all’amore senza fine che tu mi dai,
che io possa donare a coloro che devono ricevere,
amare coloro che devono essere amati,
sapendo sempre
che se io non fossi là,
qualcun altro sarebbe là per farlo
perché sei Tu che parli attraverso la mia bocca
e che operi attraverso le mie mani.

Perdona mio fratello e tutti gli altri,
non sanno quello che fanno.”
Questo giovane era benedetto da Dio, era certo, era stato scelto affinché donasse la sua vita per questo mondo. Davanti a tale forza e benedizione la Creatura senza nome non poteva più niente e, sebbene l’avesse tentato altre volte, non riuscì mai a convincere Uriele, neanche per un momento.

La Punizione- Istituzione degli Arcangeli
***


5. La situazione degli uomini non andava migliorando. Non credevano più in Dio e non agivano che in funzione di se stessi a scapito dei propri fratelli e persino delle proprie famiglie. Ciò diede adito a rivalità e spesso la legge del più forte portò a crimini senza precedenti.
Fu allora che si abbatté la Punizione Divina, non che l’Altissimo non amasse più questo mondo, ma se non fosse intervenuto, sarebbe stato sconfitto.
Allora ci furono dei lampi e sebbene molti fuggissero, i più determinati lottarono sia per il bene, sia per il male e si divisero in due gruppi.
Coloro che incarnavano da soli tutti i peccati del mondo, gli inaudientes (ndt: in latino, coloro che non sentono) erano comandati da sette uomini malvagi: Asmodeo, il goloso, Azazel il lussurioso, Lucifero l’accidioso, Belzebù l’avaro, Leviatano l'iacondo, Satana il geloso e ovviamente Belial il superbo.
Questi sette, credendo nell’Innominato, assicuravano che quella punizione provava inconfutabilmente che Dio non li amava.

Dall’altro lato, conoscendo le loro colpe, un gruppo predicava il pentimento. Guidati da Gabriele, Giorgio, Michele, Galadriella, Silfaele, Raffaella e Uriele, incarnavano rispettivamente e contrariamente agli inaudientes le sette virtù: temperanza, amicizia, giustizia, perseveranza, piacere, convinzione e il generosità.

Ciascun gruppo aveva i propri adepti; i Peccatori erano i più numerosi, occorreva ai Virtuosi una fede senza falle per resistere e non farsi corrompere.

Alla fine del settimo giorno, forti venti distruttori si levarono dal centro della Terra e spaccarono il suolo in numerosi abissi, gettando gli inaudientes nelle loro profondità.
Ma in mezzo a questa carneficina arrivò una nube celeste e portò i sette virtuosi alla sommità della volta celeste. Là risplendeva una dolce luce. Non sapendo ancora dove si trovavano, la paura li avrebbe potuti prendere, ma quel luogo era così dolce e riposante che si sentivano bene e provavano un’immensa sensazione di calore, una sensazione d’amore.
Fu allora che una voce forte e tenera si fece sentire:
“Figli miei, siete qui davanti a me perché avete compreso che io non vi punivo né per gelosia, né per piacere, ma perché la razza umana era giunta a tal punto che solo la Punizione avrebbe potuto rimetterla sulla Mia retta via. Io vi nomino per questo Arcangeli, voi incarnerete le sette virtù che avete difeso e sarete d’ora in avanti gli ispiratori di tutte le virtù. Vi dono tre paia d’ali, segno del vostro potere e del vostro rango.
Andate adesso, il paradiso vi attende”.

Dannazione eterna
***


6. Gli inaudientes furono inviati nelle profondità degli abissi, là dove il fuoco crepita e i peccatori sono sottoposti a supplizi.
Se si guardano, tutti gli esseri della creazione sono peccatori, ma l’Altissimo, nella sua grande bontà, ha offerto il perdono, chi non accetta di riceverlo conserva il proprio peccato e lo subirà fino alla fine dei tempi.

Belial e la superbia di corrompere di nuovo gli uomini di Dio
Istituzione dell’esorcismo
***


7. Ai suoi primordi la Chiesa era ancora fragile e Belial si disse che per meglio distruggerla era necessario agire dall’interno. Sempre più superbo decise di attuare la possessione del corpo del più alto dignitario della Chiesa: il Papa. In quel periodo il Papa Igino era gravemente ammalato, Belial pieno di viltà, se ne impossessò e da quel momento i tratti del Santo Padre cominciarono a cambiare. Un servo, Mirall, se ne rese conto e implorò l’Altissimo di mandare qualcuno. L’arcangelo Uriele, santo patrono della battaglia contro la possessione, chiamata poi esorcismo, fu inviato.
Un servo, Mirall, se ne rese conto e implorò l’Altissimo di mandare qualcuno. L’arcangelo Uriele, santo patrono della battaglia contro la possessione, chiamata poi esorcismo, fu inviato.
Egli scese più velocemente possibile, battendo le sue sei ali a perdifiato; se la Chiesa fosse caduta allora, il risultato sarebbe stato atroce. Entrò nel corpo di Igino, i suoi pensieri virtuosi dovevano riprendere vigore, ma euuuhhhhh, dal canto suo anche Belial lottava.

“Osi intervenire contro il tuo stesso fratello, Uriele?
Non vedi che Dio si serve di te?”

“Tu non sei più mio fratello, Belial.
Io ti rinnego, torna da dove sei venuto, riprendi a popolare gli abissi, solo Dio è sovrano, solo Dio è il Signore. Che le virtù sole di quest’uomo sorgano!”

Mentre si svolgeva questo scontro, anche il cielo e la terra sembravano affrontarsi in un combattimento decisivo.

“Ritorna da dove sei venuto, principe dei demoni e lascia l’anima di quest’uomo in pace, comprendi?
Vade retro Belial! Torna da dove sei venuto!”

In quel momento una fiamma si levò dalla bocca del posseduto ed andò a schiantarsi lontano, sull’astro che dominava la Notte, mentre il cielo tornava al suo colore normale.

Sant’Uriele ascese al cielo in gloria, seduto su una nuvola e accompagnato da mille voci celesti che cantavano la gloria di Dio, perché solo Dio è sovrano.

Ciò accadde nell’anno di grazia 140.
prova
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PostSubject: Agiografia di Santo Natale   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:46

Agiografia di Santo Natale

Le sue origini


Pronipote di un brav’uomo che aveva seguito Christos nella sua vita, Nicola Natale nacque su un carro trainato, secondo la tradizione, da cervi ammaestrati da suo padre.
A quel tempo non vi erano registri e non si conosce il luogo esatto né la data esatta della sua nascita, ma sappiamo che avvenne durante un inverno particolarmente rigido.

Natale aveva sofferto così tanto alla sua nascita, ed era stato anche tante volte sul punto di morire, che rischiò di non raggiungere l’età della pubertà. Ma ogni volta era tornato alla vita, contrariamente agli altri mortali, e ritornava più in forma che prima.
Tuttavia ogni anno, durante il solstizio d’inverno sembrava morire per cinque giorni e cinque notti, ma sebbene il suo corpo fosse vegliato, alcuni pretendevano di averlo visto in diversi posti, che offriva pane ai più poveri, fuoco a coloro che non ne avevano, o anche un semplice giocattolo ai bambini tristi.

La sua vita

Verso l’età di 15 anni, anche se non aveva mai studiato, raccontava la storia di Christos che il suo bisnonno aveva tramandato a suo nonno e che lui aveva tramandato ai suoi figli e ai suoi nipoti.

Il parroco della sua parrocchia lo invitava regolarmente a partecipare alla messa e ne fece il suo diacono. Presto tutti si stupirono per sua erudizione, per la sua semplicità, per il suo amore per gli altri e per le sue conoscenze intuitive del dogma aristotelico.

Un giorno in cui gli venivano chieste notizie riguardo ai suoi problemi di salute collegati all’inverno rispose:

Parlerei più di un regalo di Dio, che di un problema, perché ogni volta che sfioro la morte io imparo da Christos ed Aristotele, perché il nostro Creatore ci offre tutte le risposte a tutte le domande affinché possiamo vedere la nostra vita sotto una nuova luce, e possiamo giudicarci da soli prima di essere giudicati.

Normalmente, tornando in vita, noi perdiamo queste conoscenze, ed un po’ della nostra forza, ma credo che Dio abbia scelto diversamente per me, sebbene io non conservi che una risposta, senza scegliere quale, non dimentico del tutto la visita presso i Santi.

Naturalmente nessuno lo prendeva realmente sul serio, e non poteva essere diversamente, ma ciò che la gente capiva di tutto ciò era che lui era un erudito ed un uomo tanto saggio quanto buono.

Per tutta l’anno dedicava metà del suo tempo per aiutare gli infelici, non solo i poveri, ma tutti quelli che chiamava “infelici”.
Quando gli chiedevano perché aiutava i ricchi come i poveri gli piaceva rispondere con frasi che diceva di aver sentito dallo stesso Aristotele:

”I talenti del ricco non rimpiazzano il talento di essere felici.”
“Essere pieno di talenti non permette di comprare la felicità.”
Si vive con un talento, ma non si porta i propri talenti nella tomba.”

Non tutti comprendevano, perché il talento non era più la moneta corrente da tempo…

Verso l’età di 35 anni fu nominato Vescovo e continuò la sua vita nello stesso modo, aiutando coloro che dovevano essere aiutati, indipendentemente dalla loro classe sociale, era famoso per avere sempre la parola od il regalo di cui c’era bisogno per dare gioia agli infelici.
E ogni solstizio d’inverno sembrava morire, ma ogni volta 3 o 4 giorni più tardi si riprendeva, più in forma che mai ed organizzava una messa verso mezzanotte nella quale raccontava una nuova storia.

Un anno annunciò che, vista la sua veneranda età, aveva quasi 90 anni, e questo era già un miracolo di per sé, rinunciava alla sua carica e avrebbe intrapreso da solo un ultimo pellegrinaggio. Tutti avrebbero voluto dissuaderlo, ma promise che sarebbe tornato il 25 dicembre, e che, in ogni caso, bisognava benedire particolarmente quel giorno, perché aveva saputo dagli stessi Christos e Aristotele che era il giorno di nascita di tutti e tre, Aristotele era nato a mezzogiorno, Christos a mezzanotte, e lui proprio tra i due, alle ore 18.

La leggenda

Babbo Natale, come avevano continuato a chiamarlo i suoi fedeli, partì lungo la strada e tornò tra i suoi il 6 dicembre seguente.
Rispose poco alle domande su quel pellegrinaggio, ma aveva portato con se due carri. Uno pieno di ceppi, l’altro di pani.

Fece distribuire il pane ed il legno ai più poveri, e quando la distribuzione fu terminata inviò i carri a fare il giro dei più ricchi ai quali si chiedeva di lasciare un regalo.

Il 24 dicembre, Monsignor Natale organizzò due messe, una a mezzogiorno in onore di Aristotele ed una a mezzanotte in onore di Christos, poi si diresse in sacrestia e nessuno lo rivide più.

Tutti gli abitanti del villaggio, dai più fedeli ai più miscredenti, passarono la notte a cercarlo, e solamente quando si fece mattina rientrarono alle loro case, sfiniti.
Allora la leggenda fu scritta tra i miracoli, perché ogni casa, senza eccezione aveva il focolare acceso e dei regali ai piedi del camino.

Da allora, ogni anno si dice un po’ dappertutto che nel mese di dicembre passi per le case a regalare un po’ di felicità. Si sostiene anche che, talvolta, Christos e Aristotele l’accompagnino…
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PostSubject: Santo Stefano di Harding   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:50

Santo Stefano di Harding

...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Tiennedehardingrj5


"Separato nel corpo in varie parti del mondo, sono indissolubilmente uniti nell'anima ...
Vivono con la stessa Regola, con le stesse abitudini. "


La santissima e pia vita di S. Stefano, fondatore dell'Ordine dei Cistercensi (Ordo Cistercensi), redattore della Regola Cistercense e la Carta della Carità, che in tutta la sua vita ha lavorato per lo sviluppo dell'ideale monastico sostenuto da San Benedetto.

Opera dal Vescovo Zaguier Bovini, secondo molti testi del tempo, e scritto nell'l'Abbazia Cistercense Saint-Arnvald di Noirlac (Francia).

Primi anni

Santo Stefano è nato circa nel 1060 nel Dorset, parte meridionale di Albion, nella grande, antica e nobile famiglia di Harding. Si conoscono poco i suoi genitori ad eccezione del fatto che suo padre era un amministratore ammirato e amato dai suoi censuari, verso i quali egli era molto generoso. Sappiamo anche che Stefano ha ricevuto una educazione religiosa fino al punto in cui la sua conoscenza impressionò le autorità ecclesiastiche locali.

Tuttavia, la parte di ombra sulla sua vita scompare quando Stefano di Harding scieglie la vita monastica. Infatti, da quel momento, grazie al lavoro assiduo di monaci che affiancavano il santo, molte registrazioni scritte ci permettono di sapere esattamente come si svolse la sua vita. Sappiamo che è entrato nel monastero benedettino di Sherborne all'età di 15 anni. Dopo un rapido e fruttoso noviziato, egli è stato elevato a frate da Frère Roger abate di Lisieux, dalla Normandia, e lo chiamarono cantore, dove la sua vasta conoscenza in cristologia gli fu molto utile. Stefano rimase nell'Abbazia di Sherborne, per quattro anni, pregando instancabilmente e con fervore. Questi quattro anni, li utilizzò a suo vantaggio, leggendo tutti i libri nella biblioteca del monastero e facendo di lui un grande studioso. Inoltre, dopo la morte del suo abate di Lisieux e la sostituzione di quest'ultimo con un nuovo abate, Richard de MacGroar, di origini scozzesi, era stato rapidamente chiamato dal suo superiore, che in aggiunta alle ricompensa per la sua borsa di studio, voleva fare un contropiede ai francesi che erano molto presenti nel capitolo. Infatti, l'abate MacGroar voleva internazionalizzare il monachesimo, invece di farlo rimanere una moda francese. In un certo senso, possiamo dire che è stato un precursore del concetto di internazionalizzazione e la sua influenza fu grande su S. Stefano, che ne fece un' obiettivo e un dovere dei Cistercensi.

...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Sherborneabbeyib7
- L'Abbazia benedettina di Sherborne --

Tuttavia, Santo Stefano non rimase superiore a lungo, poichè l'abate lo fece nominare lettore al seminario di Winchester, fondato alcuni anni prima, come molti altri in tutta Europa, grazie alle lettere di Gregorio VII, che voleva una migliore formazione per i sacerdoti, e che fu, a suo avviso, essenziale e vitale nella lotta contro la simonia e il nicolaismo. Fu all'intreno di questo seminario che Stefano si iniziò all'aristotelismo, dottrina allora riservata ad una piccola élite di prelati e dei più eminenti teologi. L'affermazione della socialità dell'uomo fu uno shock. Stefano scoprì allora la futilità dell'ideale monastico benedettino, e tentò di riformarlo.

Egli riuscì a fondare un ospizio sotto l'autorità dell'Ordine, che amministra da solo, perchè è l'unico a padroneggiare le nozioni di medicina, acquisite nel seminario, ma altri suoi tentativi rimangono senza seguito. Un nuovo abate succedette a MacGroar, Nicolò Aldobrandeschi di origine italiana, che non ne vuole sapere delle idee di Stefano e lo espelle da Sherborne.

Canterbury e poi Roma

Santo Stefano fu poi spostato a Canterbury, sede del primato degli inglesi, e viene posto sotto la protezione del nuovo arcivescovo, Baudolino di Exeter, vicino alla famiglia reale di Normandia. Stefano, elevato canonico regolare, diviene anche chierico secolare, mentre l'arcivescovo gli consegna il decanato della cattedrale. Stefano di Hardling ha ormai raggiunto i 25 anni. I teologi della città, e i suoi colleghi del chiostro della cattedrale, sono molto più ricettivi alle sue proposte di riforma dell'ordine benedettino, e si decisero a farlo attualizzare dalla curia romana. Santo Stefano si distingue per i suoi sermoni e viene elevato al rango di Signore, da parte del re Enrico II.

Infine, il Vescovo Baudolino propose a Stefano di fare un pellegrinaggio a Roma. Entusiasta e volenteroso di approfittare dell'occasione per discutere dei suoi ideali con numerosi teologi del continente, Stefano si preparò qualcosa da portarsi appresso e prese un pò di denari prima di ricevere il bordone dopo una breve cerimonia celebrata nel coro della Cattedrale.

Il suo viaggio iniziò con un attraversamento della Manica che fu abbastanza tranquillo secondo le parole di Stefano, e poi prese la direzione di Parigi, dove fece una rapida sosta, deluso dai teologi della città, e presi in prestito alcuni libri riprese la via Agrippa, che lo portò a Roma, attraverso le principali città italiane. A Bologna, l'università gli diede una buona accoglienza, le sue tesi non vennero criticate come invece avvenne a Firenze. Nondimeno, le condizioni meteorologiche gli erano favorevoli.

Arrivato a Roma, si immerse nella lettura dell'opera su Aristotele. Scoprì i libri del panigirico e dell'assedio di Aornos, che divorò, ma furono molto deludenti per lui, non ci furono argomenti per sostenere le sue idee di riforma. Tuttavia, fece amicizia con l'Arcivescovo di Lione e Primate della Gallia, Ugo di Borgonga. Dopo di che, Stefano si fece notare per le sue messe, ma anche e soprattutto attraverso i dibattiti teologici che organizzava e conduceva alla Facoltà di teologia di Roma. Fu anche nell'entourage del Papa, ma il suo aristotelicismo un pò troppo marcato gli valse delle critiche, ed infine preferisce seguire Mons. Ugo, che ritornò nella sua diocesi.

Molesme e Cîteaux

Il passaggio attraverso la Via Agrippa si svolse senza problemi, la regione non era infestata dai Leoni di Giuda, come lo è oggi. Arrivati a Lione, Stefano fu introdotto presso Roberto di Molesme, che vide lo stesso santo e nobile obiettivo che aveva lui. In realtà, Roberto voleva anche lui riformare il monachesimo, e aveva fondato un'abbazia, l'abbazia di Molesme. Tuttavia, questo ultimo era in grande difficoltà. Fondata sul fianco di una montagna, su di una terra sterile e lontano da ogni paese, un luogo che nessuno voleva, l'abbazia cadde in accidia. Inizialmente, la proprietà era composta di capanne di rami intorno ad una cappella dedicata a Sant Hubert. Presto, la casa di nuovi monaci, fu restia all'austerità. Questi monaci, nella loro situazione disperata, non vollero seguire l'insegnamento di Roberto, ancora più drastico, e continuarono ad onorare l'interpretazione della Regola benedettina di San Benedetto. Stefano tuttavia, aveva promesso di andare ad assistere Roberto a Molesme, ma dopo un po 'di tempo, il compito si fece così difficile che Roberto e Stefano decisero di trovare una soluzione.

I due monaci avevano un sogno, di fondare un monastero in una vera e propria terra, una terra fertile e accogliente. Ma per fare questo era necessario ottenere una concessione da un signore o di un proprietario terriero, e pochi si erano pronunciati a favore di una riforma di quello che era allora l'Ordine più potente in Europa. Tuttavia, Stefano era convinto che le sue idee, per la loro originalità, ma anche per la loro serietà, avrebbero fatto breccia presso un importante vassallo di Sua Maestà. Questo nobile, fu Renaud di Beaune. Dopo che Stefano passo a visitarlo alla sua corte, colpito dal suo intervento, il Visconte di Beaune gli offrì un terreno fertile in mezzo a una vasta foresta.


...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Citeauxkc7
- Abbazia di Cîteaux -


Con alcuni monaci di Molesme, Stefano di Harding e Roberto fondarono l'abbazia di Cîteaux. Nei primi giorni, la nuova comunità lavorò per dissodare e disboscare la terra. Essi vendettero dei tronchi di legno per comperare le pietre ed abbellire l'interno della loro abbazia. Nel corso del primo anno, i monaci riuscirono a sfruttare i campi. La raccolta fu molto varia. Infatti, lungimiranti ed istruiti, Stefano e Roberto avevano organizzato le colture per sfruttare le vaste terre di proprietà dell'abbazia, vale a dire che coltivarono il più possibile. Con la tecnica della rotazione delle colture, i monaci furono in grado di raccogliere una grande quantità di ortaggi, ma anche di grano, e quindi farina, i fratelli panettieri trasformarono il grano in pane ed in luppolo,in modo che i fratelli birrai potessero trasformarlo in birra ed altri liquori diversi, che vendevano, proprio come le eccedenza delle altre colture, agli abitanti del villaggio, e che permisero all'Abbazia di accumulare delle somme considerevoli di denaro o di orzo. La struttura era lì, mancava solo la struttura organizzativa per avere la Regola di uno degli ordini monastici più solidi.

Tuttavia, gli inizi di Cîteaux non sono stati sempre facili. Ci fu della discordia nella nuova abbazia, soprattutto quando fu l'ora di decidere se il nuovo abate dovesse essere Roberto di Molesme o Stefano di Harding. I monaci si divisero in due fazioni, e il caos fu padrone di casa fino alla decisione del saggio Stefano di riconoscere suo fratello come abate, per porre fine alla disgregazione che stava avvenendo fra coloro che gia venivano chiamati Cistercensi.

Detto questo, i monaci di Molesme vennero a Cîteaux per pentirsi, e implorarono Roberto di ridivenire il loro abate, in cambio di ciò essi si sarebbero sottomessi ai principi e le usanze di Citeaux, ed egli accettò. Stefano di Harding e Roberto completarono con successo la loro riforma del monachesimo.

La Carta della Carità

Dopo la morte di Roberto, Stefano fu proclamato abate per acclamazione. Poi nominò suo fratello Alberico, come priore dell'abbazia, così come del capitolo. Da quel momento, l'ideale monastico cistercense andava espandendosi notevolmente in Francia, e divenne urgente la necessità di definire le strutture di un nuovo ordine. Stefano poi appoggiò sulla scrittura di quello che dovrebbe essere il testo di base per tutti i fratelli cistercense.

La nuova regola che enunciava i valori fondamentali dell'Ordine Cistercense: la carità, che consiste di aiutare i più poveri e la negazione e il rifiuto dell'egoismo, l'esemplarità, che è l'adesione a un codice d'onore implicito e anche di fede.


...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Noirlacsceau1ur- Siillo del capitolo di Cîteaux -[/color]


L'abate di Cîteaux, convinto dell'internazionalizzazione dell'ordine e per un buon funzionamento di questo ultimo, redasse anche la Carta dei provvedimenti amministrativi. In primo luogo fissò le regole per la creazione di un'ordine. Pertanto, una abbazia cistercense non può essere aperta se non ci sono tre monaci stessa regione e con il consenso del capitolo dell'abbazia madre dell'ordine. La nuova abbazia diviene la figlia dell'abbazia madre. In secondo luogo, essa stabilisce la gestione delle elezioni per gli abati, e le tariffe, i dazi e lo status di ciascuna di esse.

Santo Stefano, vuole dare alla regola cistercense un nome evocativo, e venne così battezata Carta Caritatis, o Carta della Carità, per servire il principale e più importante valore dell'ordine.

San Bernardo e gli ultimi anni

L'abbazia cistercense fioriva e diveniva sempre più importante, e la sua reputazione oltrepassava di gran lunga la Borgogna. La riforma cistercense interessava molte persone, ed i più rispettabili teologi monitoravano regolarmente la situazione dell'ordine nascente.

Ovviamente, ogni anno Cîteaux accoglieva un flusso costante di novizi che venivano a vivere nella virtù, nella speranza di ottenere la salvezza delle loro anime e di raggiungere il sole. In questo contesto, un giovane nobile proveniente direttamente dalla sua regione di Digione, che più tardi divenne San Bernardo di La Bussiere, va ad integrare l'Ordine Cistercense. Come Santo Stefano, che amava, come abate, ammirare il suo successo, San Bernardo aveva brillantemente superato il noviziato, e fu presto promosso agli incarichi più importanti e più prestigiosi del monastero. Infatti, venne anche nominato rettore del monastero, diventando una sorta di braccio destro di Alberico. Responsabile per la celebrazione degli uffici, che egli predicava ogni Domenica, le virtù e i benefici dei Cistercensi, e le sue qualità lo portarono ad essere molto ammirato, anche dalla parte del clero secolare e dalla società laica. Dopo i colloqui con il Collegio dei nobili di Borgogna, San Bernardo, che fu nel frattempo elevato a reggente di Cîteaux, volle andare da Santo Stefano per ottenere il permesso di fondare una abbazia-figlia sulla terre di La Bussiere sull'Ouche.


...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Bernardjj2
- San Bernardo de La Bussière -

Stefano falicissimo di assistere alla nascita di un secondo monastero oltre al suo che era il principale, accettò con entusiasmo. Il nuovo convento fu solo il primo di molti, e grazie alle misure adottate da Santo Stefano nel campo dell'internazionalizzazione, ma anche attraverso la conoscenza e il carisma di San Bernardo, l'Ordine si installò in Irlanda, la Scandinavia, nella penisola iberica, e così via.

Anche se avrebbe voluto partecipare all'espansione della Ordine Cistercense, Santo Stefano potè a causa della sua età. Nonostante questo ultimo rammarico, egli rimase fedele alla regola che aveva scritto, come sempre dando prova di grande carità. A poco a poco, delegò la sua responsabilità a Alberico, che divenne il terzo abate di Citeaux, ma anche ai giovani che avevano aderito alla grande famiglia cistercense e mostrato entusiasmo e motivazione.

Ogni giorno,lo si poteva vedere meditare nelle vaste proprietà del monastero.

La morte

Santo Stefano di Harding, il fondatore dell'Ordine Cistercense e redattore della Carta della Carità, morì pacificamente nella sua cella dell'abbazia di Citeaux, circondato dai suoi fratelli della famiglia cistercense, un bel giorno nel mese di maggio, mentre Alberi e arbusti della zona erano in fiore. Si piangerà molto per la sua morte, e numerose personalità, sia religiose che laiche, parteciparono al suo funerale e la sua inumazione.

E 'sepolto nella abbazia di Citeaux, la posizione della sua tomba è segnata da un sepolcro che fu fatto da uno scultore della Borgogna. si è mantenuto il suo cuore, che si trova nel reliquiario che è stato depositato in nella cattedrale di San Giovanni Battista di Lione, la mitra, che è stata data all'Abbazia di La Busierre zull'Ouche e il suo pastorale, che venne offerto alla novella abbazia di Noirlac.


...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Lancastrejc6


Attributi

Santo Stefano di Harding è spesso raffigurato in abiti da abate, con mitra e pastorale, ma spesso tenendo in mano un modello del monastero di Cîteaux, ricordando che egli è stato il fondatore. Il suo aspetto generale è piuttosto sobria, e ricorda il suo voto di povertà.

Reliquie

La storia delle reliquie di S. Stefano di Harding è unica. In primo luogo, la sua tomba, così come l'Abbazia di Cîteaux, sono state distrutte dalle truppe dell'Armagnac nella guerra civile che li vide opposti ai Borgognoni. Ciò che rimase del corpo del Santo fu solo il cuore, che può essere ammirato a Lione quando il Vescovo di Bouviers lo porta in processione perchè possa essere adorato dai fedeli che fanno visita alla cattedrale di Santo Stefano. La sua Mitra è stata, a sua volta, riportata a Noirlac dopo l'abbandono dell'Abbazia di La Bussiere, dove si è riunita al pastorale. Queste ultime due reliquie sono tutt'oggi a Noirlac.
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PostSubject: Agiografia di Anani Mhore   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:51

Ultimo erudito del mio popolo capace di ricordarsi di colui che ha contato tanto per noi, ho deciso di trascrivere i miei pensieri sulla carta.

La vita Anani Mhore

Anani Mhore è nato il giorno della caduta di Oanylone in una famiglia che aveva lasciato la città tra i primi e per l'amore di Dio.
Suo padre raccontava spesso che aveva visto tutto dall'altro lato del lago, i fulmini che laceravano gli edifici finché gli abissi inghiottivano i resti della città. Amava raccontare come un arcobaleno era stato visibile di continuo per tre giorni dopo la distruzione della città maledetta.
Aveva visto arrivare le barche a vela che portavano dei profughi tra i quali alcuni parlavano una lingua sconosciuta anche se quando li aveva conosciuti parlavano la sua stessa lingua poche settimane prima.

Il nostro gruppo raccolse alcuni di questi profughi che continuavano a parlare la nostra lingua, ma ci parlavamo ancora realmente con la stessa lingua, o la lingua di Oane era stata distrutta con la città?
Mia madre aveva venticinque anni all'epoca, custode della grande biblioteca fuggì con numerosi libri e solo quelli che parlavano del messaggio di Dio erano leggibili. In effetti mentre in passato parlavamo tutti una sola ed unica lingua, la collera dell’Altissimo ci aveva condannati a parecchie decine di dialetti che dividevano così gli uomini uni degli altri, obbligandoli a comprendersi per sopravvivere.

Alla partenza si diceva che solo i giusti erano sopravvissuti, ma ci siamo resi rapidamente conto che peccavamo già per orgoglio dicendoci migliori degli altri, e molto rapidamente fummo coscienti che tra noi, non tutti avevano il cuore puro e cheli aveva condotti a fuggire più la paura della loro fede in Dio.
I primi anni furono faticosi per i superstiti e l'incomprensione coniugata alla nostra miseria impediva la creazione di un solo gruppo unito. Alcune comunità si formarono dunque molto rapidamente e si raggrupparono in tribù.
Avevo dodici anni quando la mia tribù prese la decisione di partire verso occidente, sperando così di avvicinarci a lui.
Dio sembrava averci abbandonato, ma noi non l'abbandonammo custodendo la speranza che un giorno avrebbe perdonato all'umanità il fatto di averlo servito così male.
Anani come primo bambino nato dopo la distruzione della grande città, fu istruito come si istruivano i preti ad Oanylone, e con sorpresa generale all'età di appena sette anni poteva citare qualunque parte del libro di Oane.
All'età di dieci anni si mise a raccogliere ciò che sapevamo della storia dell'umanità da Oane fino alla distruzione della città, perché diceva:

Quote :
"se queste cose sono dimenticate rifaremo gli stessi errori, non irritiamo più il nostro Creatore e sappiamo mostrarci degni."

Anani benchè fosse più giovane di tutti gli studenti, poté superarmi molto rapidamente nell'arte della calligrafia, e la sua passione per il disegno fece mischiare le due cose nei suoi racconti.
Diventò colui che prolungava la memoria dei suoi tramite la scrittura, cosa nuova per noi perché i soli scritti che avevamo erano la poesia, i libri contabili del sindaco della città ed i testi consacrati del tempio. Il grande libro di Oane era sparito con la grande biblioteca, ma Anani si mise a ricopiare la memoria degli anziani su delle fini tavole di legno, o incidendo la pietra.

Niente lo distoglieva dalla sua missione, interrogava gli anziani e ritrascriveva instancabilmente le loro storie sia che fosse il modo di fabbricare una barca, il modo di piantare il mais, che i racconti della vita del nostro popolo dal giorno dove il nostro Creatore distrusse la città maledetta e la ricoprì di sale.

Si diceva che se era così Erudito e così saggio, questo era avvenuto perchè benedetto da Oane egli stesso quando ci era apparso quaranta giorni dopo il giorno delle ceneri. In effetti penso che fosse ispirato da tutti i giusti che Dio aveva fatto portare al Paradiso.

Alla morte di Anani quattro generazioni erano là per piangerlo, ed essi lo piansero dieci giorni.
Il decimo giorno come era costume a quell'epoca si condusse la sua spoglia sulla più alta collina per bruciarla quando il sole si alzava.
Difatti i più vecchi della tribù di Mhore avevano sentito le parole dell’altissimo che aveva detto di ave creato il paradiso nel sole. Volendo aiutare l'anima del loro defunto a raggiungere il sole, utilizzavano oramai la cremazione quando il sole toccava ancora l'orizzonte affinché l'anima potesse andare senza incrociare lo sguardo dei maledetti della luna.
Ma il fuoco non si accendeva... Un arcobaleno si formò dal sole fino ai piedi del rogo e l'anima di Mhore sembrò staccarsi dalla sua spoglia, si diresse verso la luce e si rigirò un istante per dire:


Quote :
“Non mi piangete perché là dove vado sarò un angelo tra gli angeli, non distruggete le mie spoglia perché è un regalo di Dio, è materia e deve tornare alla materia. Che a partire da questo giorno il fuoco sia riservato alla purificazione dei corpi impuri, ed il collocamento in terra per tutti quelli che credono in Lui.
Preservate il messaggio di Dio per il giorno in cui sceglierà il suo primo profeta, perché questo giorno occorrerà che le sue parole siano ricordate agli esseri che popoleranno la creazione.”

Poi sembrò salire sull'arcobaleno per offrirsi direttamente al sole accompagnato da un nugolo celeste identico a quello che gli anziani avevano descritto sollevare sette uomini della città di Oanylone poco prima che gli abissi l'avessero inghiottita e che il sale avesse ricoperto il luogo maledetto...

La mia ora si avvicina e sono qui nello stesso luogo dove si trovava ancora sessant’anni fa la grande città, quella che ha trascinato su noi la collera giusta ma implacabile del nostro creatore.

Anani mi aveva detto un giorno:

Quote :
“Spero che un giorno gli uomini si ricorderanno che Dio ha detto che la creazione era sottomessa all'umanità, ma non ha detto che l'umanità doveva essere sottomessa a certi dei suoi. Ci occorrono i capi, ma dei capi giusti, dei capi che vivono per il loro popolo e non per il loro popolo. Spero che un giorno saremo governati dai servitori del popolo e non come fu il caso nella città maledetta dai servitori di loro stessi.”

Finisco questo testo pregando il nostro Creatore di permettermi di rivedere il mio amico dopo la mia morte, perché l'ho amato come una sorella mentre avrei amato amarlo come la sua moglie, ma aveva solamente il pensiero di servire Dio ed il Suo popolo e non poteva attaccarsi ad una sola persona.
Chiudo questo testo in uno scrigno d'oro nel sale che segna ancora e per sempre l'area della prima città dei figli di Dio, ed unisco quattro testi del mio amico, del mio amore, affinché un giorno possano essere di memoria all'umanità.

La storia del mio popolo (di Mhour)

La distruzione di Oanilonia che ebbe luogo il giorno di Mercoledi, fu solamente l'inizio della nostra punizione. L'abbiamo chiamato il "Mercoledì delle ceneri."
C'erano sette gruppi che parlano delle lingue differenti e diffidano gli uni degli altri, ma molto poco cibo... Il nostro gruppo prese la direzione del tramonto e camminò quaranta giorni.
Durante i quaranta giorni avevamo solamente molto poco per nutrirci, giusto questa pianta stranamente nutriente mentre serviva unicamente in principio a nutrire il maiale del maestro Mays, e del pane trovato su una delle navi che avevano lasciato la città ed alcuni pesci che furono riservati ai bambini prima della nostra partenza.
Sostituivamo il cibo per la preghiera dunque, ed i piaceri con le penitenze. Il popolo si malediceva di avere preferito il piacere alla preghiera ed alla contemplazione.
Il quarantesimo giorno, Oane ci apparve, quelli che avevano visto la sua statua al grande tempio, lo riconobbero subito e si misero in ginocchio, picchiandosi il petto supplicandolo di intercedere per essi vicino a Dio.
Si diresse verso mio padre, e gli disse:

Quote :
“Mhour, tuo figlio è il primogenito dal giorno delle ceneri, hai guidato la tua tribù quaranta giorni nella privazione e la preghiera senza mai niente chiedere per te, sappi che le tue preghiere sono state sentite e che domani sarà un giorno grasso per i tuoi. Smetterete di lamentarvi sugli errori degli anziani, perché il Nostro Creatore mi ha detto "lo giudicherò, in funzione della vita che ha condotto" e non per gli errori dei suoi padri.
Dovete vivere l'avvenire e non piangere il passato, sii la guida del tuo popolo, ed istruisci tuo figlio affinché apra la via che condurrà ai profeti.
Dio chiede solamente il vostro amore e non potete amarlo se non vi amate voi stessi, che il perdono degli errori sia dato, ma bandite quello che ricade contro la parola data.
Domani è un regalo di Dio, fate la festa perché questo sarà il giorno del rinnovamento che i quaranta giorni passati non siano l'immagine della vostra vita, non cercate Dio nella sofferenza, ma ricordatevi di avere sofferto per non perderlo. Vi lascerò vivere la vostra vita, rimettetevi e fate la festa con tutto ciò che vi resta di cibo e di vino, perché domani sarà il giorno del rinnovamento.”

La mia tribù fece la festa dunque, quelli che avevano ancora pane lo divisero col loro vicino, il vino fu tanto condiviso fino all'ultima goccia, ed in questo giorno fu il primo giorno grasso dal mercoledi delle ceneri.
Tutti dormirono come me, cioè come il grosso bambino che ero, e svegliandosi col sole le persone videro che c'era una sorgente che sgorgava non lontano, ed un poco più lontano un'oasi riempita di frutti, e di animali.

Al centro dell'oasi si innalzava una stele sulla quale era fissata la tavola di Oane, la tavola che ripene i comandamenti di Dio. Questa pietra che era stata incisa dalle dita del Creatore e affidata alla prima comunità affinché non dimenticassero mai che al di là dell'amore eravamo legati anche alla legge della Creazione.
Questa pietra chetuttavia sarebbe dovuta sparire con la città era là.. intatta ma scritta in una lingua che oramai non sapevamo leggere più... Ma le leggi dell’altissimo non eravamo pronti a dimenticarle di nuovo.

È là, dunque, vicino alla stele, che la maggioranza del mio popolo decise di abitare. Da più di quaranta anni di pace e di felicità viviamo qui, e noi preghiamo Dio di scusare i suoi figli...
Altri hanno continuato verso il mare e per il mare, per estendere alla razza umana per tutta la creazione.

Le 3 tesi di A. Mhore.

Si ricordano della sua vita soprattutto le sue tre principali tesi.

La prima potrebbe essere una delle sorgenti della gerarchia non familiare.

Quote :
“Dio Creatore del mondo è il padre e bisogna amarlo, temerlo e rispettarlo, ma ciò è valido per tutti i figli verso loro padre e madre. Ed in modo generale se il padre ha autorità sul figlio, questo e tutti quelli che hanno l'autorità su noi devono essere amati, temuti e rispettati come un padre. Ma siccome il padre deve proteggere suo figlio, avere l'autorità su un'altra persona porta le stesse responsabilità. Colui che per una ragione o l'altra prende il posto del padre deve accettare gli onori ma anche le responsabilità.”

La seconda tesi di Mhore era che il signore ricompensava l'amicizia tramite la longevità delle cose.

Quote :
“Oane ha detto un giorno all'epoca della creazione della nostra prima città "questo è per l'amore e la complementarità che potrete creare, perché il nostro Creatore ci vuole uniti tutti nella vita come gli umili servitori della creazione."
È talmente vero che è per aver dimenticato questa regola che l'Onnipotente ci ha puniti, chiunque voglia diventare il padrone e fare di suo fratello davanti a dio un servo.
L'amore del sapere ha spinto l'uomo a creare la scrittura per conservare questo sapere, ma la scrittura senza amore è solamente una successione di parole tristi e senza anima. È l'amore della scrittura che fa dunque che un scritto prenda tutto il suo senso e l'amore della lettura che farà che questo testo non sarà perso.
Tutto ciò che è fatto per durare deve essere fatto nell'amore e l'amicizia. Se il muratore lavora senza amicizia per il suo cliente, la casa che costruisce crollerà ai primi venti.”

La terza tesi che forse è la più importante è che quella che insegna che la parola possiede dei numerosi poteri e deve servire per il bene e la pace.

Quote :
“Vi racconterò la storia di Ocless che fu una grande signora ma che, sebbene possedesse il potere della parola, preferiva quello della spada.”

Ocless era la capofamiglia di una grande famiglia oggi dimenticata. Ogni volta che una discussione verteva al suo svantaggio, estraeva la sua spada e la poneva davanti a lei, la puntava verso il suo avversario. Molto rapidamente la discussione verteva nel senso desiderato dalla signora e beffarda rimetteva la sua spada nel fodero.
La sua famiglia sparì perché non avendo nessuno che osava contraddirla nelle sue parole non poteva che persistere nei suoi errori e condusse la sua famiglia al fallimento. Era impossibile per il clan vivere continuamente con la paura della spada della Signora Ocless al disopra di essi.

Ogni uomo ed ogni donna hanno per missione di salvare l'umanità agli occhi di Dio, e deve fare questo perché l'umanità è stata scelta per prendersi cura della creazione. L'uomo deve dunque essere felice pure aiutando il suo prossimo, perché non si può concepire di spargere amore intorno a sé se non si è già felici noi stessi.
Dio nella sua grande saggezza ci ha dato più della parola, ci ha dato la possibilità di utilizzare questa parola per difondere l'amicizia e la felicità.
È nel nostro dovere di utilizzare la parola per confortare i nostri simili e renderli felici dunque, ma la parola è anche un'arma potente e sarebbe buono che quelli che ne detengono le chiavi non possano essere armati ancora di più. L'uomo è fatto di spirito e di materia, possiede due tipi di armi, una fondata sullo spirito e l'altro sulla materia.
L'arma dello spirito data da Dio è fatta di politici, di predicatori e di diplomatici. Deve permettere che le armi di materia che faranno colare il sangue e l'odio non siano tratte dal suo fodero. Per ciò sarebbe vantaggioso per quelli che portano la parola di non portare la spada.
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PostSubject: Agiografia di Sant'Antonio il Grande   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:53

Agiografia di Sant'Antonio il Grande

Santo Antonio il Grande nacque nel Delfinato, in un piccolo villaggio di pescatori, nel 1356. Da genitori modesti ed onesti, ebbe un'infanzia normale divisa tra compiti quotidiani e la sua fede in Aristotele. La sua fede gli permetteva di superare tutto. Trovò in lei rifugio e sincerità. Un giorno che pescava da solo i remi si staccarono dalla sua barca e si trovò bloccato in mezzo al lago. Chiunque altro si sarebbe tuffato nell'acqua per tentare di raggiungere la riva a nuoto, ma rischiando di affogare nell palude del lago. Antonio preferì non rischiare di peccare contro la Conservazione, mettendo la sua vita in pericolo e decise di restare sulla barca a pregare. Qualche ra dopo i suoi gentori, allertati dal ritardo del loro figlio, vennero a riscontrarlo. La sua fede evitò ad Antonio una morte certa.

Suo padre perisce in un incidente con l’aratro. Cadde mentre i cavalli impauriti partivano al galoppo, il povero uomo fu arato dal suo aratro. All'età di 12 anni, ebbe ad occuparsi della sua famiglia. Doveva provvedere ai bisogni di questa. Lavorò come ragazzo di fattoria. Nel suo villaggio di pescatori, i bambini ridevano di lui, perché parlava agli animali. Un aneddoto racconta che un giorno, una delle migliore vacche da latte del villaggio iniziò a produrre improvvisamente latte inspiegabilmente di sapore amaro. Nè il farmacista nè il contadino trovavano un rimedio per questo male. Nonostante questo bastò che Antonio andasse a parlare alla mucca perchè essa producesse di nuovo latte buonissimo.
I villici lo sospettarono di stregoneria a causa di tutto questo e andarono a parlare co l'Arcivescovo di Lione. Quest'ultimo giunse sul posto per constatare la cosa di prsona e per parlare con Antonio. Scoprì presto che il futuro santo, lontano dall'essere posseduto, aveva una fede e una forza straordinaria e la convinzione di consacrare la sua vita alla Chiesa.
Ma la sua fede era così forte che a 32 anni, prese la decisione di diffondere la buona parola.

Percorreva la Provenza quando apprese che la capitale religiosa del ducato, Vienna, era preda della carestia. Gli animali morivano per non si sa quale ragione. I frutti e verdure non erano nutrienti. La popolazione aveva lo stomaco che gridava carestia. Decise di andare a sostenere questi paesani ed aveva la speranza che col conforto della sua fede, i loro spiriti si sarebbero aperti e avrebbero sopportato questa dura prova.

Arrivò dunque a Vienna il 17 Gennaio 1389. La sua presenza passò inosservata, ma non per tutti. Un allevatore di maiali ricevette la sua visita. Scambiarono alcune parole ed Antonio pregò per le bestie di questo povero uomo che avevano l'aria molto malata. Rifiutò l'ospitalità del contadino. Ed egli partì alla ricerca di un luogo per dormire. Si dice che Antonio andò a passare la notte nel mezzo dei frutteti di Brignoles e che là parlò a Dio.

Quella notte, l'allevatore, non dormì. Dei rumori di agitazione strana provenivano del suo fienile. Pensò che era la fine. I suoi maiali stavano morendo e con essi la speranza di nutrire correttamente la sua famiglia.

All'alba, il silenzio regnava sulla fattoria. Con passo inquieto, andò a vedere le sue bestie per verificare se i suoi timori erano giustificati. Ma là la sorpresa fu grande, vide apparire un maiale, poi due, poi cinque, poi quindici... Ma come ciò era possibile in partenza egli non ne restava che tre? Era stato l'incontro con Antonio avvenuto la sera prima, e che aveva pregato per salvare le sue bestie e la sua famiglia della carestia.

Corse in cittàa raccontare la sua storia. I fattori, scettici in principio, non poterono crederlo. Ma bisognava arrendersi all'evidenza, grazie alle preghiere di Antonio, chiamato dai fattori "Antonio il Grande" i maiali si moltiplicavano e guarivano. Con la sua fede e le sue preghiere, salvò Vienna della carestia. Antonio, detto ora “Antonio il grande”, riprese la sua strada.

Gli anziani raccontano che è salito verso nord, verso le regioni barbare al di là delle frontiere del Sacro Impero. Nelle contrade così remote che la fede in Aristotele non era arrivata. Dovunque passava, la fede in Aristotele cresceva. Si racconta che nel sud-est della Francia, fece gonfiare le oche e che ebbero dei fegati giganteschi. Da un po' dovunque, delle voci vennero, raccontando gli stessi tipi di avvenimenti. Davanti alla carestia ed alla disperazione delle persone, Antonio pregava. E la natura si moltiplicava affinché tutti potessero nutrirsi.

La sua fama irritò un capo tribale del nord. Per queste preghiere e la fede in Aristotele che cresceva, Yvan Leterminus vedeva il suo potere indebolirsi. Per dispetto fece squartare Antonio il grande, il 17 gennaio 1407, ed i suoi resti furono gettati in un prato. Si dice che l’anno seguente, un frutteto spuntò lì. Che gli alberi diedero del prugne tutto l'anno. Appena un frutto cadeva o era colto, un altro rispuntava. Un giorno Yvan fece tagliare gli alberi. E l'indomani, al posto di un tronco, ce n'erano due. Furiosi, il capo prese un'ascia e colpì uno degli alberi. Una prugna enorme cadde sulla testa di Yvan. Il frutto era così grosso e così pesante che gli fracassò il cranio.
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PostSubject: Agiografia di San Benedetto   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:54

Introduzione:

Benedetto da Pisa Iaolo, Ben per gli amici o San Benedetto per gli Aristotelici, fondatore dell' ordine benedettino ormai estinto e soprattutto ispiratore dello sviluppo monastico. È considerato come il Santo Patrono degli ordini religiosi Aristotelici e del monachesimo, ispirato dalla Tavola di Oane, redattore della regola di San Benedetto (madre di tutte le altre carte interne Aristoteliche) e dei 12 precetti che portano il suo nome destinati a portare un po' di civilizzazione nella vita della città.

Infanzia:

Il piccolo Ben nacque verso l'anno 480 in una famiglia di nobili romani. In preda ad una crisi esistenziale e respingendo il modo vita degenerato del suo ambiente, egli se interessò allo studio della logica d' Aristotele ed al misticismo di Christos.

A quel tempo una gran parte delle popolazioni rurali dei Regni d' occidente era la preda delle peggiori eterodossie. Il piccolo Ben incontrò un vecchio uomo, un eremita, in un mercato. Benedetto gli chiese perché vivesse così, diverso dagli altri, emarginato fra gli emarginati. Il vecchio uomo gli rispose con la risposta di Christos: "Discepoli! Vivete per gli altri anziché attendere che gli altri vivano per voi. Spetta alla città accogliere gli emarginati, e non agli emarginati aiutare la città.“

L'eremita gli insegnò che la morale che apre a Dio deve essere trasmessa agli uomini uniti nella stessa città. Per guidarli, occorre la ragione. Questa viene con l'istruzione seguendo i saggi, gli uomini e donne maturi, che sono avanzate sulla strada della Verità. Così può emergere la morale che apre a Dio e dà la pace. Si misero a parlare, discutere. Il loro scambio di idee durò tre giorni e tre notti, ma non se ne curarono, continuarono così e finirono per addormentarsi…

Quando si destò, Benedetto era solo, l'eremita era scomparso. La sua voce risuonava ancora in lui in una frase che restò impressa fino alle sue ultime stille di vita: " una causa finale è un'intelligenza pura, un divinità. Se si risale l'ordine delle cause e degli effetti, non si trova che una sola causa finale. Dunque Dio è unico… Di Dio non ve n’è che uno, questo motore immobile del mondo, questa volontà perfetta che è la fonte di tutta la sostanza, di tutti i movimenti. Dio è la finalità cosmica dell’universo.". Benedetto cadde in ginocchio, colpito dall'intensità della rivelazione che si faceva strada in lui. Benedetto rinnegò i falsi dei dei mondi oscuri tanto venne illuminato dalla luce della Rivelazione.
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PostSubject: S. Michele Arcangelo   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:55

Nascita di Michele




Michele era nato nella città di Oanilonia, era il quinto dei dieci
figli di Diana e Robin, una coppia di cacciatori che viveva, come molti
a quel tempo, per servire uno più ricco di loro.
Il loro maestro, perché bisognava chiamarlo così, non aveva altro scopo
che acquisire più ricchezze e terre di quante ne potesse utilizzare.


Quest’uomo, conosciuto con il nome di Maestro Satana Sibarita, aveva
proclamato di possedere le terre nel raggio di due chilometri intorno
alla città e tutti coloro che ci cacciavano o che le coltivavano
dovevano versargli la metà dei prodotti.
Si diceva che non si addormentasse se la giornata non gli aveva dato di
che riempire due dei suoi bauli, uno di mais, l’altro di carne.
Inviava i suoi sottoposti a raccogliere sempre di più dagli sfortunati che vivevano ai confini della città.



La vita di Michele




Michele crebbe dunque tra i poveri di Oanilonia apprendendo da suo
padre l’arte della caccia e dell’uso della lancia. Da sua madre imparò
a seguire le tracce lasciate dagli animali che cacciava. Imparò anche a
leggere le stelle per trovare la strada. Vivere con i suoi nove
fratelli e sorelle gli insegnò la condivisione e l’amore per gli altri.



All’età di tredici anni Michele aveva già le spalle e la forza di un
adulto, primogenito della famiglia, era spesso lui che difendeva i suoi
fratelli e le sue sorelle mettendosi tra loro e chi li infastidiva.
Nonostante non avesse mai picchiato nessuno, era temuto e rispettato
dagli abitanti dei sobborghi. Molto presto gli fu chiesto di dirimere
le dispute perché si diceva che potesse leggere nel cuore della gente.


Quando non aveva prove per assegnare la vittoria, deponeva la sua
lancia sulla testa di una delle due persone e, se la lancia restava in
equilibrio, quella persona diceva la verità, nel caso contrario
mentiva.
Ma molto presto non ebbe nemmeno più bisogno di usare la lancia.

Al solo sentire che lo si sarebbe fatto venire, il colpevole rinunciava e le cose si sistemavano da sole.

Alcuni dicevano che aveva un potere sovrannaturale, ma i più saggi sapevano di che cosa si trattasse.

Eppure malgrado la su grande saggezza e la sua destrezza con la lancia
non poteva fare niente contro i seguaci di Satana che diventavano
sempre più avidi.


Suo padre morì il giorno del suo ventesimo compleanno, rendendolo
capofamiglia, poiché era il maggiore dei figli. Fu allora che ricevette
la visita del suo amico Timoteo che gli aveva chiesto la mano di
Emmelia, sua sorella minore.
A Oanilonia i preti avevano abbandonato il popolo per occuparsi
esclusivamente dei notabili e dei più ricchi, riservando loro i favori
dell’Altissimo.
Michele si fece carico dell’organizzazione del fidanzamento e tutti furono i benvenuti.



Quel giorno Simplicio, uno dei luogotenenti di Maestro Sibarita, era
presente e cedette al fascino della sorella di Michele. Tornò il giorno
successivo con le sue guardie e ordinò che Emmelia li seguisse per
entrare al servizio di Satana, ma Michele si frappose, sgominò le
guardie e finalmente Simplicio fu alla sua mercé…
Ma invece di ucciderlo, prese la sua spada e gliela lanciò dicendo .”
Se il tuo occhio destro ti porta verso ciò che non ti è destinato
strappalo e brucialo, perché è meglio che una parte di te muoia
piuttosto che attiri su di te la collera di Dio”.
Il luogotenente fuggì e tornò dal suo maestro. Ma tornò il giorno
successivo con una truppa più grande, arrestò Michele e Timoteo che
furono condotti alla prigione di Oanilonia e lì rinchiusi.


La distruzione di Oanilonia




Il primo giorno di prigionia fu anche il primo dei sette giorni che portarono alla distruzione della prima città degli uomini.

Un fulmine si abbatté sul muro della prigione, permettendo a Michele ed
al suo amico di fuggire il caos e di riunirsi ai loro cari.
Michele riunì più persone possibili, dicendo loro che la punizione di
Dio sarebbe stata terribile, ma che i giusti avrebbero potuto vivere
una nuova vita lontano dalla città maledetta.
Poiché Timoteo era pescatore, propose di ritrovarsi al porto per
fuggire attraverso il lago. Michele aiutò coloro che per la loro fede
in Dio meritavano di imbarcarsi. Poiché restavano dei posti, chiese al
suo amico di lasciare salire dei bambini che si erano rifugiati presso
di loro.
Dei codardi che volevano fuggire dalla città, più per paura che per
seguire la volontà di Dio, tentarono di assaltare la barca, ma Michele
si mise in mezzo, permettendo a suoi ed ai bambini di lasciare la città
senza intoppi.
Quando i suoi amici furono al sicuro, egli restò solo e per sei giorni salvò coloro che potevano essere salvati.

Il settimo giorno c’erano ancora persone da salvare ma nessuna barca.
Come per miracolo apparvero altre due imbarcazioni, egli invitò dunque
coloro che avevano il cuore puro a salire su queste barche. Sembrava
capace di leggere nel cuore della gente se la loro fede era reale e
inviava sulla prima barca coloro che giudicava degni e sulla seconda
coloro che fuggivano per paura o per salvare le proprie ricchezze.
Vedendo le due imbarcazioni piene, si rifiutò di salire, dicendo che
Dio aveva una missione per lui e che sentiva di dover restare per
salvare altri amici. Arrivata all’uscita della città la prima barca
prese senza intoppi il largo, mentre la seconda più pesante per l’oro
portato fu bloccata dai fondali bassi. Egli disparve con la città
mentre forti venti distruttori che soffiavano da centro della Terra
spaccarono la terra in numerosi abissi.


Alcuni sopravvissuti, lontani dalla città, raccontarono che in quel
momento, mente la pioggia cadeva malgrado il cielo senza nuvole, un
arcobaleno che veniva direttamente dal sole cadde sulla città, Michele
scelto da Dio fu così trasportato da un nembo celeste e divenne uno dei
sette arcangeli.


La prima apparizione




La prima apparizione dell’arcangelo è d’altronde quella che fece di lui
un angelo guerriero sebbene non avesse mai fatto colare una goccia di
sangue.


Qualche generazione dopo il giorno del giudizio e la morte di Michele,
due gruppi discendenti diretti di coloro che egli aveva protetto
discutevano perché una parte aveva costruito un tempio a Michele e
l’avevano chiamato con un altro nome, considerandolo come pari di dio,
perché aveva saputo salvarli. Gli altri consideravano il sacrificio di
Michele come un esempio e non come l’atto che fa di un uomo un dio.


Ispirato dall’ombra colui che si era dichiarato Gran Sacerdote di Anubi
(nome che aveva dato a Michele, non è chiaro per quale ragione, è
possibile che fosse il nome del suo gruppo, ma non è stata finora
ritrovata alcuna prova di ciò) vide crescere il suo potere.
Dicendo di ricevere le sue informazioni dal duo stesso dio, il
Sacerdote nominò un neonato re del popolo, perché figlio di Anubi, e
governò in sua vece per molti anni, fece radere al suolo il tempio
dedicato a Dio e dichiarò che, poiché questo dio non aveva saputo
proteggere i suoi fedeli, questi sarebbero diventati suoi schiavi. Per
rafforzare il suo potere e far dimenticare il vero dio, riprese il nome
degli arcangeli per farne a loro volta degli dei.


Il patriarca dei fedeli pregava ogni giorno dio e, malgrado le loro sofferenze, lo ringraziava per ciò che avevano.

Il Signore si impietosì ed inviò l’arcangelo in persona.

San Michele apparve in armatura, con una lunga lancia ed un grande
scudo e si fece riconoscere da tutti, apparendo alla sommità del tempio
che gli era destinato.


Il Gran Sacerdote lo interpellò e gli disse: “Anubi, eccoti finalmente;
sei venuto a ringraziare i tuoi fedeli e a ricompensarci per aver tanto
costruito per te?”
Michele di risposta: “ No, sono venuto a portare le parole di speranza
di Dio verso coloro che non si sono allontanati da lui perché numerose
sono le comunità di fedeli che percorrono il mondo in attesa dei
profeti che li riuniranno nell’amore e nell’amicizia.”
Il Gran Sacerdote non lo riconobbe più ed ordinò alle sue guardie di
smascherare l’inganno massacrando i fedeli del dio unico. Michele si
frappose e per due giorni respinse gli assalitori, senza ucciderne
alcuno, permettendo ai fedeli di fuggire verso altre terre.


Dopo due giorni di combattimento i fedeli del Gran Sacerdote erano sia
troppo stanchi sia troppo feriti per proseguire e videro delle ali
spuntare sulla schiena dell’arcangelo permettendogli di ricongiungersi
ai cieli. Il Sacerdote fece uccidere tutte le guardie dai suoi preti e
disse che non era stato Anubi a venire, ma un dio vendicatore, per
punirli per aver lasciato in vita i servitori del falso unico dio.


Ci sono diverse varianti di questa leggenda che sostengono che
l’Arcangelo era alla testa di un’armata d’angeli, un’altra che avrebbe
armato le braccia dei più forti tra i fedeli, un’altra ancora che egli
non aveva fatto altro che ispirare il più valoroso tra i servitori di
Dio per guidare la rivolta e condurre i suoi attraverso il deserto.
Tutto ciò ha poca importanza, l’essenziale è che furono l’intervento di
Michele e la volontà di Dio che permisero ai loro figli di fuggire
verso terre più accoglienti.

La leggenda di monte san Michele (mont saint Michel)





La seconda apparizione dell’arcangelo che ho trovato accadde nell’epoca
in cui alcuni Barbari veneravano degli dei alcolici, avendo per solo
tempio la taverna e per sola liturgia la bevuta. Il quel periodo
esisteva una comunità di fedeli perseguitata da un barbaro di nome
Saathan che venerava un Dio alcolico che esigeva sacrifici di bambini.


La comunità in fuga verso il Nord si trovò bloccata in una foresta in riva all’oceano.

Il patriarca della comunità disse a tutti i suoi di prepararsi a
sacrificarsi nell’oceano per non cadere nelle mani dei barbari. Si
diressero allora verso il punto più alto della costa e si misero a
pregare il Signore affinché chiedesse a san Michele di preparare la
loro venuta.


Dio, che non poteva tollerare che dei suoi figli mettessero fine alla
propria vita, fece sapere al patriarca tramite un messaggero celeste
che non stava al figlio scegliere il giorno in cui si sarebbe
ricongiunto al suo creatore. Ordinò dunque, se l’amavano ed avevano
fede in lui, di abbattere dei grandi alberi e fare una palizzata
intorno alla roccia. Una volta fatto, prepararono un grande banchetto e
accesero un fuoco sulla sommità della roccia affinché Saathan
conoscesse la loro posizione.


Così fu fatto e sette giorni più tardi la palizzata fu completata e il
fuoco acceso. La mattina videro le truppe di Saathan accerchiare la
roccia ed attaccare la fragile protezione. Con l’aiuto di pietre e di
lance, i fedeli si preparavano a battersi, poiché tale era la volontà
di Dio. Allorché, nel luogo stesso in cui era stato acceso il fuoco, un
angelo vestito di un’armatura e armato di lancia e scudo apparve… Non
disse una parola, ma tutti i fedeli sapevano che fosse.


L'arcangelo Michele lanciò la sua arma verso l’orizzonte che sembrò
levarsi verso il cielo e avanzare verso la rocca come un muro di
cavalli al galoppo, questo muro travolse tutto ciò che si trovava sul
suo passaggio ma non distrusse la fragile palizzata. Le truppe di
Saathan furono inghiottite e quando il mare si ritirò aveva fatto della
roccia un’isola circondata di sabbia mobile dove finiva di sprofondare
l’armata vinta dalla forza dei fedeli.
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PostSubject: Angeli - Agiografia di Al Lopas   ...Libro delle Virtù...    {Agiografie} Icon_minitimeThu 2 Jun 2011 - 12:56

L'Angelo AL Lopas

Angelo messaggero e servo dei Santi, degli Arcangeli e di Dio stesso, AL Lopas è il messaggero intercessore tra gli abitanti della terra e le entità celesti che risiedono nel Paradiso Solare.
É stato eletto Patrono di tutti coloro che hanno la funzione di corriere postale, dei messaggeri, dei banchieri e impiegati di qualsivoglia ufficio.
Gli uomini possono pregare AL Lopas in modo che funga da intermediario e intercessore con i Santi che risultano essere meno accesibili in cambio di una donazione al Culto.

Infanzia

AL Lopas nacque nella ricca periferia sud d'Oanilonia. Fu cresciuto con un'improbabile amore dal ricchissimo banchiere Krediet e dalla semplice e nativa fattrice Dhlie. Ancora giovanissimo, Al Lopas si mise a pregare: " Dio, aiutami a compredere le tue creature." Il risultato fu che AL Lopas, divenne molto intelligente e sappe leggere, scrivere e contare fin dalla sua infanzia.
Malgrado la sua intelligenza, lui passava spesso per folle a causa di parole più o meno incomprensibili come "esseemmeesse" oppure "899 004 200" che borbottava mentre era in meditazione.

Un giorno quando andò a pescare con sua sorella Alicebox (detta la trasparente a causa del suo carattere malaticcio che la rendeva pallida) una forte raffica di vento fece alzare un'onda che li travolse. AL Lopas vide allora che sua sorella stava per annegare e gridando disse " Dio aiutami a salvarla ....... EHM, anche no, penso di volere diventare maciste", poco dopo, una grande forza l'animava e riuscì a salvare la sorella dalla furia delle acque.
Il giorno dopo, l'intero quartiere sapeva dell'azione compiuta dal giovane AL Lopas. Lui cercò di convincere il popolo che non era un'eroe, ma che Dio, grazie alla sua grande bontà, l'aveva aiutato nella sua grande impresa, ma gli abitanti di Oanilonia non lo ascoltarono.

AL Lopas trascorse gran parte della sua infanzia ed adolescenza a lavorare per i suoi genitori: aiutava il suo severo padre Krediet nella grande banca durante la settimana, e nel fine settimana aiutava la dolce Dhlie a consegnare le lettere e i pacchi.

Edificazione

Anche se la Fede nel Dio d'amore rivelato da Oane, non era ancora molto diffusa a quell'epoca e la sua famiglia era totalmente politeista, egli fu un giovane molto fortunato ad incontrare un vecchio cieco che, consapevole della sua forza d'animo e della sua predisposizione spirituale, gli insegnò i rudimenti della teologia dell'epoca. Rapidamente, usò i suoi insegnamenti per convertire la sua famiglia ed i suoi amici. Solo suo padre rimaneva refrattario agli insegnamenti religiosi, essendo più attratto dall'egoistica cupidigia di Belzebù.

Nel suo quartiere, i suoi primi tentativi di conversione alla Vera Fede furono vani, in quanto gli idoli eterodossi erano ancora saldamente radicati nella tradizione. Senza perdere il suo spirito, e facendo tesoro dei consigli del vecchio saggio, andò a visitare il centro di Oanilonia per visitare la tomba di Oane che serviva come punto di incontro di un pugno di persone giuste che avevano come guida un certo Gabriele dal destino ormai conosciuto.

Nonostante la giovane età di AL Lopas, Gabriele accolse con grande fervore il nuovo arrivato che iniziò a prendere contatto ed apprendere da questo piccolo gruppo di fedeli convinti. Ben presto si rese utile come tesoriere e come messaggero per la comunità religiosa del Tempio accanto alla tomba di Oane. A poco a poco estese i suoi servizi a tutte le micro-comunità di giusti della città. AL Lopas stabilì nel giro di pochi anni dei fruttuosi contatti tra i diversi futuri leader del campo delle Virtù: Galadriella, Raffaella, Michele, Silfaele, Giorgio, Uriele e naturalmente Gabriele che conosceva ormai da lunga data.

Presto si convinse che Dio lo aveva inviato per fungere da contatto e collegamento tra i futuri Arcangeli e l'Onnipotente stesso. Dio apparve durante una preghiera comune dei sette futuri Arcangeli per confermare l'intima convinzione di AL Lopas. Al Lopas mise la sua competenza, maturata negli anni passati ad aiutare i genitori nella banca e nella posta, a servizio della Causa Divina. AL Lopas sviluppò quindi una fitta rete di messaggeri, corrieri e tesorieri sotto la guida degli Arcangeli, al fine di unificare ed organizzare al meglio la nascente comunità dei credenti.

Percorsi

Una volta che la sua formazione spirituale fu sufficente, AL Lopas tornò regolarmente nel suo quartiere con il fine di predicare la sola Vera Fede. Nel raccontare le sue azioni al servizio della Virtù di Dio, metteva una tale passione, un tale fervore che chi lo ascoltava era affascinato dalla sua storia e nel contempo il loro cuore ascoltava la Voce di Dio, e rimanevano toccati nella fede.

Tuttavia, anche se la sua famiglia e alcuni dei suoi amici seguirono il suo esempio, molti rimasero increduli. Così dopo una serata dove aveva disperatamente tentato invano di trasmettere i valori più puri a dei cittadini che non lo prendevano sul serio, si recò al tempio d'Oane e mormorò: Per favore, per favore, voglio diventare una star ".

Il giorno dopo ricevette una lettera dal sindaco del quartiere in cui gli si proponeva di divenire consigliere spirituale a livello locale. Ma questo non era sufficente, allora AL Lopas pregò pensando a Maria, la sua attrice preferita: "Dio aiutami ancora, se puoi aumenta ancora il mio carisma! ... Signore, fammi assomigliare a Maria, piena di grazia, per favore." Durante le settimane successive, il giovane AL Lopas divenne sempre più conosciuto, rispettato ed influente all'interno del quartiere ed i suoi insegnamenti venivano presi seriamente e non più derisi, e la gente del quartiere, timidamente, cominciò a frequentare la preghiera giornaliera.

La diffusione della Fede

Il gruppo di fedeli che seguiva AL Lopas nella periferia sud di Oanilonia crebbe di giorno in giorno, senza mai perdere una preghiera giornaliera, si sentivano amati da Dio, perchè come loro pregavano, venivano premiati nel lavoro del campo con i raccolti migliori ed il mais che cresceva più rigoglioso e forte, e l'allevatore di pecore grazie alla maggiore intelligenza riusciva a ricavare più lana dalla tosatura, anche il politico grazie al maggior carisma riusciva a dar più voce alle sue idee in consiglio e a far pesare di più il suo voto nelle decisioni importanti. Tutto questo non fece che rafforzare la loro fede, e per ringraziare Dio, promisero di divenire ancora più virtuosi. AL Lopas in quel periodo tenne un sermone che verrà ricordato per lungo nel tempo:

Siete deboli? Siete brutti? Il vostro portafoglio è vuoto ?
Dio possa aiutarvi !
Non sapete giocare a Trivial Pursuit e vi sentite ridicoli in società ?
Dio possa aiutarvi !
Ne avete abbastanza di pane e mais ?
Dio possa aiutarvi !
Siete detestati in città?
Dio possa aiutarvi!
Siete stanchi delle lunghe file al mercato ?
Dio possa aiutarvi !
Vi sentite stupidi ? Ahimé, è probabile.
Dio possa aiutarvi !
Siete rovinati!
Dio possa aiutarvi !

Ma Dio e le Sue opere buone hanno bisogno anche di una mano da voi. Aiutate noi e Dio vi aiuterà su nostra raccomandazione. Aiutate AL Lopas nella questua per l'obolo del culto per finanziare la relizzazione di un'ambizioso programma sociale per il quartiere. Alla fine del suo sermone, AL Lopas pregava interiormente dicendo "Dio mi può aiutare a realizzare questa colletta con successo!....... Signore concedimi la prosperità."
E il risultato è innanzi ai vostri occhi.

Un giorno che AL Lopas si stava dirigendo verso un'altra città, vide un'agricoltore vestito di stracci che piangeva seduto sul bordo del campo. AL Lopas toccato dalla tristezza di quest'uomo gli si avvicinò e chiese il motivo della sua tristezza. Il contadino gli mostrò le sue mani e disse: "Guarda le mie mani e guarda il mio campo!" e con un gesto indico ad AL Lopas una distesa di terra arida e continuò "Qualunque cosa io faccia, qualunque sia il mio lavoro, il raccolto va sempre male, non c'è nulla da fare, questa terra non è fertile! Difficilmente posso sopravvivere, non sono ricompensato per i miei sforzi." finito di parlare si rimise a pingere ancora più forte. Al Lopas gli cominciò a parlare di Dio, di Oane..... e riuscì a convertire il contadino ed insieme cominciarono a pregare. Pochi giorni dopo, al villaggio, AL Lopas si preparava per fare il suo discorso sulla piazza principale. In mezzo alla folla, si distingueva la figura del contadino che si avvicinava e che poi si gettò ai suoi piedi e lo ringraziava. "Dopo la vostra venuta, si è prodotto un miracolo: ci sono delle possibilità con il mio campo, avrò un buon raccolto!" La gente intorno aveva ascoltato il discorso, poichè sapevano che quel campo non era fertile! Molto presto la gente cominciò a dire che AL Lopas era alla base di questo miracolo. La sua reputazione si sollevò come la polvere... e tutte le persone del mondo andavano da lui per vedere i suoi miracoli. Tuttavia, a tutti coloro che chiedevano come faceva a fare i miracoli Santo AL Lopas rispondeva che era solo grazie al fervore della loro Fede e dei doni che davano al Culto.

Gli approfittatori

Tuttavia, in questo flusso di persone c'erano anche vili peccatori, che venivano a lui come se lui fosse la gallina dalla uova d'oro, e mentre Lopas con fervore cercava di convertire i venuti, un uomo meschino di nome Scrooge venne a vederlo. Era un ricco nobile, ma per l'occasione si era vestito di stracci semplici per passare inosservato fra la folla come un povero bisognoso. Si avvicinò ad AL Lopas in questi termini:"Ehi signore, buongiorno! La vostra reputazione comincia a fare il giro di tutti i quartieri ed ho saputo che fate dei miracoli!"

AL Lopas un pò imbarazzato rispose:"Hum, i miracoli, come parola è grande, io sono contento solo nel fatto che la gente creda in Dio, in modo che essi preghino nei momenti di difficoltà". Scrooge rispose "ma si ma si, è magnifico, bene, anch'io ho bisogno di aiuto, io ho appena ottenuto il primo campo, e ammetto che non so in che modo......... allora, mi son detto che......... ma anche voi vedete vero?" Al Lopas rispose: "Si, va bene. ma prima, voi credete in Dio come il motore del mondo? E volete vivere con il suo timore? E siete disposto a sostenere finanziariamente la costruzione del Regno di Dio in questo mondo?

Scrooge cominciò a perdere la pazienza e rispondendo ipocritamente: "ma si! Io credo in tutto e vado quando è possibile alla preghiera comune!". AL Lopas :"Bene, allora inginocchiati vicino a me, noi insieme pregheremo Dio perchè tu raggiunga riceva i beni all'altezza dellatua crescita spirituale e materiale." AL Lopas si inginocchiò e si mise a pregare silenziosamente dicendo una strana lista di numeri di serie. Scrooge gettò la coda dell'occhio per comprendere quello che diceva, non riusciva a capire, ma era eccitato dall'idea di divenire più ricco. Quando alla fine AL Lopas si alzò, Scrooge rimase ancora qualche istante inginocchiato per far sembrare che stesse pregando, per pura ipocrisia, poi si alzò e ringraziò brevemente il Santo. Il giorno dopo si alzò ed andò a fare un giro per i suoi campi scoprendo che una parte consistente dei suoi raccolti era scomparsa durante la notte.

La redenzione

Scrooge quindi si diresse, con molto scontento verso il giovane AL Lopas. Gli si avvicinò violentemente e disse "Ehi voi! Dite dunque un pò? Non è che la vostra preghiera è una truffa? Non hai visto lo stato del mio campo?" AL Lopas gli rispose dolcemente, che non è una grande difficoltà capire cos'è accaduto, allora, con voce calma e tranquilla rispose "Certo che ho visto lo stato dei vostri campi....ma tu, dal canto tuo, non hai visto che la tua sete di beni terresti ti ha reso brutto? No, non brutto fuori, ma dentro, e sei fiero di aver mentito per aumentare le tue ricchezze di cui non hai bisogno? Siete stato generoso nel momento della colletta dello scorso Culto? Guardate i poveri attorno a voi, non hanno grandi cose, ma non esitano a condividere ed essere umili verso Dio... non ammirate le loro convinzioni?" Scrooge non sapendo cosa rispondere, rimase un lungo momento in silenzio, poi, infine, egli si inginocchiò e umilmente chiese ad AL Lopas:" Dimmi ..... come posso riscattare i miei peccati?"

Il Tradimento

Scrooge divenne un discepolo di Sant' AL Lopas. La fama ed il successo di AL Lopas non piaceva al padre, il grande banchiere Krediet. Infatti la borghesia preferiva finanziare le opere buone del culto piuttosto che affidargli il loro denaro. Incitato dall'avido e cupido Belzebù, Krediet cercava di convincere il figlio a tornare all'attività bancaria di famiglia. AL Lopas, successivamente rifiutò di accettare una commissione dall'obolo del culto, di deviare il fondo, di far sottrarre le operazioni della tesoreria della comunità da suo padre, e infine di condividere tutto con lui. Dopo molte discussioni fra loro, il duro Krediet decide di passare all'azione e di ingaggiare Aubagne, una vile industriale arrivista, stanco di vedere che la gente passava semre più tempo per pregare, invece di andare a lavorare, e decisero di porre fine alle gesta di Al Lopas.

Misero a punto un semplice piano per uccidere AL Lopas: Krediet usa un pò del suo patrimonio personale per pagare qualche mercenario assunta da Aubagne che si presero in carico di sistemare i conti con il Sant'uomo, sotto gli occhi desolati del suo discepolo Scrooge. La battaglia non durò molto tempo, e fu pugnalato in pieno ventre. Quando infine, lo lasciarono a terra sembrando che fosse morto, AL Lopas ebbe il coraggio di pronunciare le ultime parole a Scrooge che rimaneve accanto a lui: "Non dimenticate mai di votare per i Regni Rinascimentali & divini, una volta al giorno..." AL Lopas non è veramente moro in quel momento, grazie alla protezione di Dio e delle sue immunità angeliche, ma non è mai riapparso in terra in carne ed ossa da quel momento. Ora egli stesso ha dedicato interamente ed esclusivamente il suo servizio al ruolo di messagero degli Arcangeli, dell'Altissimo così da fare da guida spirituale e creare un legame privilegiato tra gli uomini e i Santi uomini del Paradiso Solare.

Citazione
L'impossibile è solo una mancanza di Fede! Per ottenere qualcosa, dobbiamo eesere disposti a pagarne il prezzo!

Reliquie
Una strana scatola di legno dalla foresta di Draguignan con i numeri scritti sopra ..... cosa può servire?

Citazione Daftain de Vincent:
"La soluzione è che, durante la traduzione nelle altre lingue, ci si debba adattare alle circostanze locali."
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